LO STUDIO - Realizzato da Prs for Music (omologo inglese della nostra Siae) e dall'istituto di ricerca Big Champagne (che da anni analizza il mercato della musica sui circuiti illegali), il report conferma che gli artisti più piratati sono anche quelli che tendono a scalare più in fretta la classifica delle hit. Un esempio? Nell'ultima settimana di aprile il singolo di Lady GaGa «The Fame» è stato scaricato 338mila volte. Lo stesso vale per gli altri artisti della top 100: sono anche quelli più popolari sui servizi di file-sharing. «Trovarsi in testa alle classifiche dei file più scaricati spesso è il segnale di un successo anche nel mercato legale. In dieci anni di analisi non è mai successo che una hit nel mercato pirata non lo sia poi diventata anche in quello legale» spiegano gli autori. Per quanto possa sembrare paradossale, alla fine la pirateria aiuta le star a diventare ancora più popolari.
CODA CORTA - Lo studio smentisce anche la teoria della coda lunga di Chris Anderson, secondo cui la rete avrebbe allargato le opportunità di business per i prodotti di nicchia e segnato la morte della hit-parade. Sui servizi di file-sharing le attenzioni continuano a concentrarsi solo su una piccola fetta di artisti: l'80 per cento degli scambi riguarda il 5 per cento delle tracce; e spesso si tratta proprio delle hit del momento.
MODELLI DI BUSINESS - I servizi di file-sharing ma anche quelli di streaming su YouTube o MySpace quindi costituiscono ormai una potente alternativa promozionale ai circuiti tradizionali (radio e tv). Le industrie discografiche saranno probabilmente costrette a pensare a modelli di business in grado di legalizzare il file-sharing, facendo accordi con i fornitori di connettività.
I DISCOGRAFICI ITALIANI - «Il peer-to-peer è solo un amplificatore di notorietà - sottolinea però Enzo Mazza della Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana) - La promozione mainstream (radio, tv, ecc.) spinge i consumatori a correre sui sistemi peer-to-peer e cercare l'ultima star il cui brano è stato passato in radio o è stato visto in un videoclip. Se fosse vero l'assunto che il file-sharing promuove le vendite di hit, dovremmo trovarci un mercato florido e non con dischi che invece di fare un milione di copie ora ne fanno 500 mila».
Nicola Bruno
www.corriere.it
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