Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


martedì 18 dicembre 2007

Auguri di buon Natale

Sono nato nudo, dice Dio,
perché tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero,
perché tu possa soccorrere chi è povero.
Sono nato debole, dice Dio,
perché tu non abbia mai paura di me.
Sono nato per amore
perché tu non dubiti mai del mio amore.
Sono una persona, dice Dio,
perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato perseguitato
perché tu sappia accettare le difficoltà.
Sono nato nella semplicità
perché tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio,
per portare tutti alla casa del Padre

giovedì 6 dicembre 2007

La legge oscura

Una mia studentessa, Francesca Gaudenzi, mi ha mandato questo scritto che posto alla vostra attenzione.

“Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro, pochissimi” (Galileo Galilei)
“Le nostre leggi non sono purtroppo universalmente note […]. È estremamente penoso essere governati secondo leggi che non si conoscono” (Franz Kafka)

Il processo di cambiamento in atto nella Pubblica Amministrazione sta sollecitando interventi di riorganizzazione, adeguamento di competenze e modelli necessari alla ridefinizione dei ruoli e delle prassi lavorative.
In tale contesto, un ruolo fondamentale è rivestito dai processi di comunicazione con l’esterno, fondamentali per lo sviluppo di un sistema di relazioni sempre più ampio sul territorio e per il rafforzamento del ruolo istituzionale che le amministrazioni sono chiamate a svolgere.
Un’esigenza sempre più avvertita è quella di rendere comprensibile il linguaggio burocratico.

L’Agenzia delle Entrate ha avviato a partire dal 2001 una collaborazione con il Dipartimento degli Studi Italianistici dell’Universita’ di Pisa sulle problematiche legate al linguaggio amministrativo e sulle possibili soluzioni per la semplificazione delle tecniche di scrittura, che ha portato alla stesura di un manuale d’uso destinato ai dirigenti e funzionari delle Direzioni centrali.
Il primo capitolo della pubblicazione affronta il tema dell’oscurita’ e ambiguita’ degli enunciati normativi.
Ne riporto alcuni stralci:

Alla domanda “chi scrive le leggi?” la risposta da parte di giuristi e linguisti è univoca: “la burocrazia è il più grande legislatore”.
Michele Ainis, autore del libro “La legge oscura. Come e perché non funziona”, in merito osserva:
“L’universo semantico del burocratese si comunica al linguaggio delle leggi, lo vizia, lo corrompe: gran parte dei difetti della legislazione dipende dalla circostanza che quest’ultima a conti fatti è una succursale del linguaggio burocratico, sia perché i disegni di legge vengono concepiti non di rado negli uffici legislativi dei ministeri, sia perché la legge stessa […] si è ormai amministrativizzata, nel senso che regola questioni minute e di dettaglio, un tempo ascritte al dominio pressoché esclusivo dell’atto amministrativo”.
Tra le molteplici e multiformi conseguenze dell’amministrativizzazione della legge bisogna includere il fatto che il linguaggio del diritto, quasi per un processo di omologazione a rébours, ha assunto tratti peculiari del cosiddetto burocratese.
[…]alle difficoltà intrinseche del testo di legge si sono aggiunte quelle prodotte dall’uso-abuso di un codice di comunicazione scritta difficile, ostico, quando addirittura non criptato. Il testo giuridico da naturalmente difficile è divenuto oscuro.
Nel sistema società, in cui i rapporti sono regolati dalle forme e dai canali della comunicazione (tanto più oggi, in tempi in cui si parla di comunicazione globale), l’oscurità non può che essere problematica, non può che ingenerare discriminazione. Nella giurisdizione, poi, l’oscurità può avere conseguenze molto gravi: oltre un certo limite determina infatti la violazione di uno dei princìpi fondamentali, quello della certezza del diritto. E il diritto, come scrisse Norberto Bobbio in un saggio del 1951, “o è certo o non è”.
[…]”Dal momento che il diritto da applicare è rivestito della forma linguistica, la sua applicazione si deve bene o male adattare a questa forma. Le leggi della lingua sono immanenti alle leggi giuridiche” (Merkl, 1987).
La sentenza della Corte Costituzionale 364/1988 è stata definita storica dai suoi commentatori per avere letteralmente ridimensionato la portata dell’antica massima giuridica ignorantia iuris non excusat: con tale sentenza, è noto, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 5 del codice di procedura penale “nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile”.
Tra i primi e principali fattori su cui la Corte richiama l’attenzione sono indicati “la chiarezza e riconoscibilità dei contenuti delle norme penali”. A questi presupposti di fatto si connettono due proposizioni imprescindibili e vincolanti:
1) che la “possibilità di conoscere la norma penale” è l’“autonomo presupposto necessario d’ogni forma d’imputazione”;
2) che ciò comporta “il contemporaneo adempimento da parte dello Stato di altri doveri costituzionali: ed in prima, di quelli attinenti alla formulazione, struttura e contenuti delle norme penali. Queste ultime possono essere conosciute solo allorché si rendano riconoscibili. Il principio di riconoscibilità dei contenuti delle norme penali, implicato dagli artt. 73, terzo comma e 25, secondo comma, Cost., rinvia, ad es., alla necessità che il diritto penale costituisca davvero la extrema ratio di tutela della società, sia costituito da norme non numerose, eccessive rispetto ai fini di tutela, chiaramente formulate, dirette alla tutela di valori almeno di rilievo costituzionale e tali da esser percepite anche in funzione di norme extrapenali, di civiltà, effettivamente vigenti nell’ambiente sociale nel quale le norme penali sono destinate ad operare”.
Tra i doveri dello Stato si annoverano, anzitutto, la formulazione, la struttura e i contenuti delle norme (verrebbe da aggiungere: “non solo penali”).
Tra i fattori individuati quali concause dell’ignoranza inevitabile della legge è esplicitamente segnalata “l’obiettiva oscurità del testo”, cioè l’oscurità dell’enunciato.
La sentenza costituzionale 364/1988 è di per sé una legittimazione e uno stimolo a lavorare sulla disposizione affinché si arrivi alla stesura di leggi chiare e il processo iniziato negli anni Sessanta diventi fattivo.