Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


domenica 29 marzo 2009

Lawrence Lessig: "Internet libera per salvare la democrazia dalla corruzione"

Internet si sta dimostrando uno strumento di riforma della politica e della democrazia straordinario. Parola di LAWRENCE LESSIG - il più grande esperto mondiale di diritto di rete, professore di legge ad Harvard e Stanford, scrittore, fondatore del nuovo sistema di copyright Creative Commons e collaboratore di Obama (suo ex compagno universitario e suo consigliere nella corsa alla presidenza Usa), lanciato in una campagna in favore di una politica partecipata e trasparente, per non soffocare la creatività ma favorire la democrazia e il progresso del mondo -, ieri sera ospite eccezionale a «Meet the Media Guru», l’appuntamento di Milano organizzato da Maria Grazia Mattei in collaborazione con Provincia e Camera di Commercio di Milano.

La riflessione di Lessig (nella foto in un momento di relax a cena ieri sera dopo l'incontro pubblico) è di particolare attualità per l'Italia, dove il mondo della politica ha in cantiere una serie di provvedimenti che minacciano di imbrigliare la libertà della Rete (a partire dall’emendamento al pacchetto sicurezza di Giampiero D'Alia che prevede l'oscuramento completo di tutti i siti in cui ci sono "apologie di reato o istigazioni a delinquere").

Catapultato ieri in Italia dagli Usa e rientrato oltreoceano già all’alba di oggi, è stato accolto come una rock star da un pubblico informato e altamente internettiano, che evidentemente lo conosce già da tempo e lo frequenta online su Facebook e altri social networks, o direttamente sul suo blog (www.lessig.org/blog): la sala nella bella Mediateca Santa Teresa era stracolma, tanto che c’era molta gente fuori a seguire l’evento - in inglese, con traduzione simultanea in cuffia, ma ne hanno fatto uso davvero in pochi - su megaschermi. Alla fine della «lectio magistralis», un question-time fitto con tantissime domande dal pubblico in platea. Lo abbiamo intervistato.

Prof. Lessig, com'è dimagrito...
«Quando ho capito che con tutti quei chili accumulati per lo stress da lavoro associato al fast food non sarei vissuto abbastanza a lungo da vedere i miei figli all’università, ho deciso da un giorno all’altro di intraprendere una rigorosa dieta vegetariana, anzi, vegana: niente più carne, pesce, uova, latticini di alcun genere, ma nemmeno condimenti, nè pasta, riso o altri cereali raffinati. Mi nutro con ogni tipo di verdure, legumi, insalate, noci, frutta. E basta. Mi sento benissimo. E' stato Shawn Fanning, il fondatore di Napster, a consigliarmi questa dieta. Sta diventando una moda, nel mondo dei "computerari" rovinati da una vita sregolata...».

Perchè dopo 15 anni a studiare i diritti in Rete e le potenzialità del Web aperto e indipendente, ha scelto di focalizzarsi sulla proposta di una riforma della politica? Per salvare la democrazia negli Usa dalla corruzione dilagante, ok: ma qual è il nesso?

«La Rete offre potenzialità di interazione straordinarie per ripristinare una partecipazione attiva e la credibilità di istituzioni screditate dal lungo rapporto privilegiato con i potentati economici, vanno colte dai cittadini, ma soprattutto dal mondo politico che determina le regole della nostra società, cioè il Congresso a Washington D.C. La libertà da limiti e la capacità di attivare l'indipendenza sono costate a Internet una lunga esclusione, ma sono la libertà e l'indipendenza dirompenti di cui c'è bisogno ovunque, sicuramente nel governo Usa».

Ma che legame c’è tra Internet e politica?
«Beh, da quando c’è Barack Obama è tramontata l'idea che il governo sia un'entità che deve tenersi alla larga dalle vicende dei cittadini, la campagna elettorale di Obama si è trasformata in uno sforzo collettivo gigantesco di migliaia di militanti che ha fatto della Rete uno strumento di partecipazione e raccolta di fondi che ha mutato il rapporto fra cittadini e istituzioni».

Adesso che Obama è alla Casa Bianca, proseguirà questo rapporto diretto con i suoi elettori?
«Mi sembra proprio di sì, lo dimostra per esempio il fatto che il presidente continua a tenere un dialogo online, non più tardi dell'altro ieri ha incontrato virtualmente 90 mila americani sul sito della Casa Bianca per rispondere alle loro preoccupazioni sulla crisi economica: gli hanno inviato oltre centomila domande, ovvio che Obama non ha risposto a tutte, ma a quelle più votate dagli stessi cittadini sì. Solo Internet permette al presidente questo contatto rapido e diretto con la sua base».

Lei ha deciso di studiare la politica, ma ha rinunciato a entrare in politica. Che cosa si propone di fare?
«Voglio aiutare a costituire un movimento. La sola strada per ripristinare la fiducia è ripristinare l'indipendenza, rompendo ogni possibile legame tra soldi e scelte politiche. Ormai i politici seduti al Congresso passano il tempo ad esaudire i desideri delle lobby che hanno finanziato le loro campagne elettorali, preoccupati di farsi rieleggere, per rompere questo meccanismo bisogna fare in modo che i finanziamenti arrivino direttamente dalla base dell'elettorato, come è successo con Obama grazie a Internet».

Perchè viene in Italia a raccontare i problemi americani?
«Perchè penso che le soluzioni che propongo per i nostri problemi siano universali, grazie alle potenzialità di un'interazione tra l'architettura della Rete e della politica, che può innescare quella mobilitazione collettiva che, come ha insegnato Gandhi, è la chiave per risultati insperati».

Perchè è importante che Internet resti libera?
«Perchè la crisi di un sistema finanziario e mediatico che ha schiacciato i cittadini nel ruolo di spettatori passivi rappresenta un'opportunità di rinnovamento e partecipazione per la prima volta dopo centinaia di anni».

Come vorrebbe che cambiassero le regole del Congresso?
«Un anno prima che Obama si affacciasse come candidato alla presidenza, ho fondato insieme a Joe Trippi (uno dei massimi esperti di comunicazione politica e web e artefice della campagna alle primarie del carneade Howard Dean nel 2004) «Change-Congress» con lo scopo di smantellare il sistema di finanziamento delle lobby dei membri del Congresso, che sono costretti a passare gran parte del loro tempo a cercare fondi per la rielezione più che per fare il loro lavoro, cioè gli interessi del popolo Usa. Il denaro erode la fiducia tra elettore e rappresentante, anche quei politici che prendono decisioni in nome del bene pubblico sono meno credibili se finanziati da gruppi di interesse industriali forti».

Come si contrasta tutto questo?

«Con la micro-donazione e il finanziamento pubblico, che libererebbe i rappresentanti dai vincoli dei gruppi di interesse rendendoli realmente indipendenti. E’ un po’ come la battaglia contro l’alcolismo: un alcolista ha problemi fisici, sul lavoro e in famiglia, ma il suo primo problema è l’alcol, se non risolve quello non potrà nemmeno affrontare gli altri. Idem per il Congresso, se le regole consentono una grande influenza dei gruppi più ricchi ogni riforma (copyright, Internet, ma anche le prescrizioni della Fda sull’alimentazione o le sciagurate politiche sull’ambiente delle ultime amministrazioni Usa) sarà minata dal sospetto dei cittadini e dalla faziosità delle scelte e dei voti dei rappresentanti».

Lei divenne un personaggio pubblico quando - prendendo le difese di un service provider (Eldred) - contestò la costituzionalità del Sonny Bono Act - la legge approvata al Congresso che estendeva la tutela del copyright da 50 a 70 anni dopo la morte dell’autore. Eldred perse il caso, ma fu allora che lei decise di originare i Creative Commons, cioè un sistema di tutela più flessibile e totalmente sotto il controllo degli autori, anziché dell’industria dell’entertainment. Il tema del diritto d’autore, prima riservato agli addetti ai lavori, divenne argomento di dibattito pubblico: ma non è che sia ancora molto chiaro, almeno non qui in Italia...
«Il Sonny Bono Act è incostituzionale, infrange il primo emendamento, ed è una legge sorprendentemente retroattiva che non contiene alcuna utilità pubblica: bisogna ricordarsi che il copyright - che dovrebbe incentivare la produzione culturale creativa - non può prescindere dall'esigenza di massima diffusione della cultura, che è patrimonio di tutti».

Un altro suo cavallo di battaglia è la neutralità della Rete, la cosiddetta Network Neutrality. Andò al Senato Usa per spiegare come funziona, assieme a Vinton Cerf. Perchè va difesa?
«Il nodo era stato sollevato da Edward Whitacre, allora Ceo dell’ex-monopolista telefonico At&t, che voleva far pagare a produttori di contenuti come Google una tassa per fare transitare più velocemente i contenuti. Spiegammo che le straordinarie innovazioni cui si è assistito sul Web non sarebbero state possibili in presenza di una infrastruttura non neutra, che cioè non trattasse tutte le tipologie di dati allo stesso modo. Niente Google, ma anche niente Instant messaging, niente Kazaa o Skype, niente Hotmail, addirittura niente www. Tutte realtà nate con pochi mezzi e diventate grandi grazie al successo di pubblico. Se avessero dovuto pagare per raggiungere gli utenti, come voleva Whitacre, probabilmente non sarebbero mai cresciute».

I suoi studi si focalizzano sulla democrazia statunitense. Ma non è che le altre vadano molto meglio: e se ci limitiamo a guardare l'Italia, poi, dove la corruzione è all'ordine del giorno e le leggi anti-Internet pure...
«Niente vi impedisce di intraprendere le vostre battaglie, come noi le nostre. Voi avete in Europa un movimento hacker molto politicizzato, che blocca le direttive Ue per esempio sui brevetti software, o sull'estensione del copyright fonografico, o contro la Neutralità della Rete. In Italia so che gli hacker hanno annunciato una "festa dei pirati", a Roma, domani, per creare attenzione attorno ai rischi della perdita della natura libera di Internet... Ci sono movimenti che raccolgono firme su Facebook per salvare Internet dalla censura, intellettuali che si battono per regole condivise. E grazie a Internet, si può creare un network globale di solidarietà attorno a certi grandi temi. Certo, sarà una dura battaglia, ma da qualche parte bisogna cominciare a partecipare, rimboccandosi le maniche, se si vuole salvare la democrazia: è un inizio».

Lei ha scritto "Free Culture": ma con la crisi della pubblicità il modello di business dei contenuti editoriali gratis su Internet si sta sbriciolando. Che cosa ci riserva il futuro?
«Nel libro Free è inteso come libera cultura, non necessariamente gratis...Però è vero, che per esempio i quotidiani negli Usa sono in crisi spaventosa, e non credo si risolleveranno, perchè la gente è disposta a spendere solo per informazioni a valore aggiunto, non quelle generaliste... di quelle ormai siamo sommersi e possiamo sceglierle dove come e quando ci pare, gratis, grazie a Internet. E' un dato di fatto con cui gli editori stanno facendo i conti, il mondo è cambiato».

da www.lastampa.it

domenica 22 marzo 2009

mercoledì 18 marzo 2009

Condividere non è rubare

Al Prof. Mauro Masi, Coordinatore del Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale.

Invio anche Lei la lettera aperta che ho spedito alle persone sotto elencate, lo scopo è quello di sollecitare, da parte del Comitato da Lei presieduto, l'audizione delle istanze e proposte di cui siamo portatori. Siamo la sola Associazione Italiana che incarna le aspettative delle persone che praticano il file sharing di opere protette dal diritto d'autore, milioni di persone impropriamente equiparate ai ladri. Escludere questa voce dalle audizioni del Comitato da Lei presieduto sarebbe una imperdonabile lacuna democratica della pluralità di voci che questo Organismo da Lei presieduto dovrebbe prendere in considerazione, una vera mutilazione del concetto democratico per la formazione delle idee.

Al Presidente del Consiglio dei Ministri;
al Ministro dei Beni e le Attività Culturali;
al Ministro degli Affari Interni.

Egregio Prof. Masi,

poiché, nonostante i numerosi comunicati stampa inviati ed a parte qualche frammentaria notizia apparsa in Rete, nessuno dei tradizionali mass media ne ha dato notizia, ho preso l'iniziativa di redigere questo comunicato per informarLa che, il giorno 13 dicembre 2008, abbiamo promosso in 4 città italiane manifestazioni volte a sollecitare l’iniziativa politica per legalizzare in Internet la condivisione – purché non a fine di lucro - di opere protette dal diritto d'autore.

Non è un mistero per nessuno che anche in Italia ci siano milioni di persone che attraverso la rete telematica condividono musica, film ed altre opere dell'ingegno e questi cittadini vengono, dagli autori e dall'industria dell'intrattenimento, definiti ladri nella convinzione che, se non fosse possibile reperire le opere in questo modo, esse verrebbero legalmente acquistate. E’ vero, le persone scaricano da Internet molte cose, ma è altrettanto vero che, se non potessero ottenerle in quel modo, difficilmente spenderebbero dei soldi per acquistarle attraverso canali legali. In tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo è assai probabile, infatti, che di molte opere se ne farebbe a meno (in particolare quelle meno recenti), mentre altre potrebbero essere reperibili, ad esempio, da registrazioni dalle radio, dalle TV, da copie effettuate tramite acquisti collettivi (prima della diffusione massiccia delle connessioni a banda larga questa era la prassi costante) o - ancora peggio - acquistandole attingendo al vastissimo mercato illegale. Invece, grazie alla possibilità di scaricare tali opere da Internet, questo mercato clandestino si è, in questi ultimi anni, di molto ridotto. Siamo a conoscenza che al momento ci sono forti pressioni per introdurre, non solo in Italia, una legislazione che – a nostro avviso – viola la privacy, in quanto delega ai privati il monitoraggio e l'intercettazione delle comunicazioni in Internet, nonché l'estromissione dalla stessa di quegli utenti che, attraverso il file sharing, contravvengono la disciplina del diritto d'autore, ma osiamo sperare che la Sua sensibilità per la privacy e per la dottrina liberale non voglia cedere a siffatte misure invasive ed oscurantiste.

Concorderà con noi riguardo al fatto che l'arte, la cultura e la conoscenza non debbano essere mercificate oltre una certa soglia, come crediamo fermamente che sarebbe un grande traguardo per un Governo volto al progresso il riuscire a rendere tutto ciò alla portata anche dei ceti meno abbienti nel modo più ampio ed immediato possibile. Invece di combattere una battaglia per tutelare la proprietà intellettuale con sistemi criminalizzanti e accentratori, ci permettiamo di suggerire quanto possa essere più proficuo intraprendere un percorso in grado di apportare degli utili anche attraverso la condivisione di opere d’ingegno, purchè, ovviamente, non vi siano fini commerciali. Questa strada è - a nostro avviso - percorribile attraverso l'istituzione di un sistema di licenze collettive che legalizzino le condivisioni telematiche non a scopo di lucro, utilizzando a tal fine dei particolari siti che facciano da filtro affinché le opere condivise non siano di qualità elevata da sostituire l'acquisto dell’originale, ma – piuttosto - possano essere considerate ”copie di valutazione e promozione” e, come tali, persino propedeutiche all'acquisto in alta qualità degli originali stessi attraverso i canali ufficiali di vendita.

Poco prima di Natale il Senato ha approvato l'Ordine del Giorno (n. G3.174 al DDL n. 1209) per consentire la nascita di altre società di intermediazione, raccolta e ripartizione dei compensi del diritto d'autore. A tale proposito gradirei segnalarLe che presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati è stata depositata, in attesa di valutazione, la PdL N° 185 che va proprio in questa direzione; sempre in attesa del vaglio vi è, inoltre, anche la PdL N° 187, nata con lo scopo di proporre una soluzione atta a legalizzare queste condivisioni attraverso un sistema di licenze collettive. La nuova figura di una società che raccolga e ridistribuisca, sulla base di imparziali criteri meritocratici, tutti gli introiti provenienti dalle condivisioni non commerciali attraverso Internet, sarebbe la svolta legalizzatrice di questo fenomeno, procurando, al contempo, ulteriori introiti per i detentori dei diritti di sfruttamento.
La invitiamo, quindi, a prendere visione delle succitate PdL nn° 185 e 187, augurandoci che, condividendone la sostanza, voglia far sì che esse ottengano presto l'urgente calendarizzazione dei lavori parlamentari.

In un momento storico in cui stanno facendosi largo diverse politiche repressive ed oscurantiste, di cui la Francia ultimamente si sta facendo promotrice, la soluzione individuata nelle licenze collettive potrebbe essere sinonimo, per il Paese che intendesse adottarla, di grande innovazione liberale anche in ambito internazionale.
Augurandomi che tale proposta venga al più presto presa in giusta considerazione, mi permetto di suggerire che - nel frattempo - quanto meno le opere che hanno ormai concluso il loro primario ciclo commerciale possano essere legittimamente condivise, sempre sottintendendo che ci si stia riferendo ad azioni prive di scopi commerciali. Infatti dopo qualche anno musica, film, libri, ma anche software e videogiochi perdono di interesse e diventano un patrimonio culturale di cui sarebbe bene garantire la più ampia disponibilità, anche allo scopo di favorire, attraverso la conoscenza, l'eventuale acquisto degli originali di “qualità”. Su questo ultimo punto la nostra Associazione si è particolarmente impegnata e siamo disponibili in qualsiasi momento ad un incontro, per avere la possibilità di esporre in modo più articolato la nostra visione di come la liberalizzazione di queste opere possa essere fattibile senza - non soltanto - creare danno al mercato, ma anzi, favorirlo e contribuire nel contempo a farlo crescere ancora di più.

Certi della sua sensibilità democratica e quindi anche dell'invito di una rappresentanza della nostra Associazione alle audizioni, Le porgo a nome di tutti gli iscritti i nostri più cordiali saluti.

Luigi Di Liberto (presidente Associazione Scambio Etico)

domenica 15 marzo 2009

Open Office o Microsoft Office?

OpenOffice e Microsoft Office.
Due mondi apparentemente paralleli, spesso confusi tra loro, ma che possiedono profonde e fondamentali differenze sia sulle idee base di sviluppo, sia sulla loro politica di veicolazione del software verso diversi target di utenza.

E' bene porre dei termini di paragone con il solo scopo valutativo, per riuscire ad indirizzare l'utente in una scelta più che mai libera, andando incontro alle sue vere esigenze, e precisando fin da subito che i programmi sopracitati sono entrambi prodotti OTTIMI E COMPLETI, sotto ogni aspetto.

Nella stesura di questo articolo, prendo come modello l' UTENTE LOW-LEVEL: rappresenta la più grande fetta del mercato informatico (79%), ed è il classico utente che utilizza il pc a "scopo domestico", per creare MEDIAMENTE 150 pagine di scritto, 20 fogli di calcolo e 50 grafici in un anno.

Elenco 10 punti principali: sono dei "canoni" secondo i quali la tipologia di utenza indicata, potrebbe/dovrebbe acquistare il prodotto della Sun Microsystem, e non il prodotto Microsoft.

Iniziamo?..

1 - E’ GRATIS - Costo zero. 0€. Serve aggiungere altro? ;

2 - E’ OPENSOURCE - Ogni 2-3 mesi (anche meno a volte) viene rilasciata una versione nuova, aggiornata, migliorata secondo i consigli e i test della comunità di sviluppatori;

3 - SUPPORTA MOLTISSIME ESTENSIONI - .odt, .docx, .doc, .xml sono solo alcune delle decine di estensioni supportate dalla suite OpenOffice;

4 - E’ MULTIPIATTAFORMA - C’è una versione per Windows, una per Linux e una per MacOS X, massima versatilità di scambio anche tra sistemi operativi "rivali";

5 - SALVA DIRETTAMENTE IN .PDF - Con un solo click, senza programmi aggiuntivi (Adobe ecc.);

6 - NON SALVA IN FORMATI "PROPRIETARI" - Il .docx di Microsoft Office 2007 non poteva essere aperto con nessun altro programma? Qui, la massima compatibilità e la massima capacità di conversione/lettura è assicurata;

7 - OCCUPA MINORE SPAZIO SULL'HARD DISK - Neanche 100 Mb di download e 300 Mb in tutto una volta installato;

8- ESISTE UNA VERSIONE PORTABLE/STANDALONE - Possiamo portare sempre con noi la nostra suite, in un modo pratico, leggero e facilmente eseguibile, massima praticità;

9 - UTILIZZO EFFETTIVO - Il 99% degli utenti e degli enti non necessita di Microsoft Office: le esigenze della maggior parte delle persone e delle imprese non sono così elevate da richiedere un software a così elevata capacità e ad un tale prezzo di acquisto: la gente utilizza il 5% scarso delle caratteristiche Microsoft Office;

10 - INTERFACCIA - La nuova interfaccia della suite Sun Microsystems è più semplice e lineare, rende il lavoro più agevole e semplice.

A favore della suite Microsoft abbiamo una maggiore completezza, dovuta anche ad un team di sviluppo ben pagato, e ad un tempo di avvio dell'applicativo leggermente minore (3-4 secondi).

Conclusioni: se non dovete scrivere una lettera al Presidente Obama ( !!! ), e se avete 4 secondi in più di pazienza, la vostra scelta dovrebbe per forza ricadere sul pacchetto Sun Microsystems.

Questa casa è riuscita a sfruttare realmente le potenzialità dell' Opensource, dimostrando che a volte, con l'umiltà e l'impegno DI TUTTI, si può ottenere tanto.......uguale........
.e anche DI PIU'.

Giovanni Rimola

giovedì 12 marzo 2009

La censura su Internet

Un tasto speciale, "ctrl", ovvero "control", riprodotto in maniera ossessiva su tutta la tastiera del computer. Reporter senza Frontiere presenta con questa immagine la nuova campagna contro la censura su Internet. Il "controllo" è quello totale e assoluto esercitato dai regimi dittatoriali sulle informazioni circolanti in rete. Ma, secondo quanto denuncia l'organizzazione internazionale per la difesa della libertà di stampa, anche alcuni paesi democratici hanno adottato misure preoccupanti.

Per questo Rsf, oltre a denunciare le gravissime violazioni della libertà da parte dei dodici "nemici di Internet" (Arabia Saudita, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan e Vietnam), ha deciso di mettere "sotto vigilanza" altri undici governi, nel timore che gli abusi si possano estendere in altre aree del mondo.

Le democrazie sotto osservazione sono quella australiana e la sud-coreana. Nel gennaio 2008, il Parlamento australiano ha esaminato un progetto di legge che esige che i provider di Internet creino sempre due collegamenti in ogni casa, uno per gli adulti e un altro per i bambini, entrambi sottomessi a un filtro rigido e segreto. Il progetto è considerato da Rsf come un grave attentato alla confidenzialità della corrispondenza privata, perché viene presentato in un momento in cui la legislazione contro il terrorismo permette già a un'agenzia indipendente del governo di intercettare qualunque messaggio e-mail sospetto e di compiere indagini sugli internauti anche in assenza di un'autorizzazione giudiziaria.

Anche in Corea del Sud, secondo Reporter senza Frontiere, sono state adottate misure "sproporzionate" per regolare l'acesso alla rete. Il 7 gennaio scorso è stato arrestato un blogger con l'accusa di aver messo in pericolo "gli scambi economici sui mercati", così come "la credibilità della nazione" con la pubblicazione di alcuni articoli su uno dei forum di dibattito più importanti del paese.

Attualmente, denuncia l'organizzazione per la libertà di stampa, nel mondo ci sono 69 ciberdissidenti in carcere: in vetta alla lista nera, ancora una volta, la Cina, seguita da Vietnam e Iran. I dodici paesi indicati come "nemici di Internet" secondo Rsf hanno trasformato le loro reti in Intranet, impedendo agli internauti di accedere a quelle informazioni che i governi considerano "indesiderabili". Oltre a censurare, i regimi dimostrano anche grande efficacia nella repressione, spesso giustificata con la necessità di difendere la "sicurezza nazionale".

Accusate di aver collaborato spesso con i regimi censori - anche loro malgrado, per le fortissime pressioni dei governi - alcune delle grandi imprese globali di Internet hanno reagito con coraggio nei mesi scorsi: Google, Yahoo e Microsoft hanno aderito alla fine del 2008 ai principi del "Global Network Initiative", affermando pubblicamente la volontà di rispettare la libertà di espressione dei loro clienti in tutto il mondo. Una dichiarazione di principio che si spera possa diventare realtà. Per questo nei giorni scorsi Rsf ha lanciato insieme ad Amnesty International un appello ai direttori generali delle tre compagnie, chiedendo che oggi, giornata mondiale contro la cyber-censura, diano un segnale forte a difesa della libertà d'espressione.

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