Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


martedì 28 ottobre 2008

Internet Governance Forum

Si e' conclusa ieri la prima riunione dell'Internet Governance Forum (Igf) Italia sui diritti e le regole per garantire l'accesso di tutti a una Rete aperta, libera e sicura. L'incontro, su iniziativa della Regione Sardegna (é venuto anche Renato Soru, presidente della Regione noto per la sua sensibilità al tema dato che è stato il fondatore di Tiscali) in collaborazione con Isoc Italia, ha riunito i portatori d'interesse sulla Rete a livello nazionale.
Grande assente il governo italiano: il ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione Renato Brunetta ha dato buca.

Invece il presidente Giorgio Napolitano ha inviato un telegramma di auguri di buon lavoro: "La persistente assenza di regole fondamentali per Internet non si traduce necessariamente in maggiore libertà, ma può al contrario significare la prevaricazione del più forte sul più debole".

Anche la Siae e le aziende distributrici della proprietà intellettuale, dalle case discografiche alle major del cinema: un esempio per tutti? Enzo Mazza, presidente della Fimi (la federazione italiana dell'industria della musica), è stato evocato più volte - specialmente quando si è discusso del caso Pirate Bay...

Peccato perchè sarebbe stato interessante sapere che cosa ne pensa della proposta (di Nexa) di cambiare l'impianto normativo del copyright e rifondare un copyright 2.0 in cui le regole di default prevedano esattamente il contrario di quanto accade oggi: e cioè che tutte le opere dell'ingegno siano nel pubblico dominio (senza chiedere il permesso) accessibili via Internet tranne sottoporle a copyright (diritti riservati) solo per quegli autori che ne facciano richiesta.

Sul fronte dei diritti, Communia a questo proposito annuncia il Public Domain Day nel 2009 mentre Arturo Di Corinto propone di fare richiesta del dominio .pd (public domain) all'Icann per incentivare la raccolta e la facile condivisione di tutto ciò che è lecito condividere in Rete.

Presenti e attenti le Telecom, Google e Microsoft, che ha ammesso: "Tutti devono fare un passo indietro" per venire incontro ai diritti degli utenti di Internet, i cittadini globali della Rete. Microsoft, che ha il senso del mercato e per questo si sta dimostrando sempre più aperta, propone di non perseguire i downloader, ma solo gli uploader.

Sul fronte delle regole, emerge sempre più urgente il problema dei siti Internet senza data e/o non aggiornati, che non diffondono conoscenza, ma anzi: per motivi di pura sciatteria, contribuiscono alla diffusa cattiva informazione. Per non parlare della mancanza ancora di formati standard e interoperabilità di software e hardware, che non facilita l'accesso: urge che le aziende depongano le armi e capiscano la convenienza di mettersi d'accordo e rendere la vita più facile ai loro clienti, i consumatori cittadini del Web.

L' incontro, tra i primi in Europa, ha avviato ufficialmente il lavoro dell'Igf nazionale che contribuisce a quello internazionale dell'Igf promosso dalle Nazioni Unite, rappresentate da Markus Kummer, coordinatore esecutivo del segretariato Igf Onu.
Sul sito di Igf Italia promettono che saranno disponibili a breve le video registrazioni dei due giorni di lavoro e i documenti di approfondimento sull'evento: rattrista vedere che ancora contiene solo il programma del vertice...la lentezza ad aggiornare i siti è un problema, nell'era della velocità richiesta dalla rivoluzione digitale.

La giornata di oggi è stata dedicata alla discussione della Carta dei Diritti e dei doveri (Internet Bill of Rights), che raccoglie tutte queste istanze e molte di più ovviamente, fortemente sostenuta da Stefano Rodotà che la propone con tenacia da anni, ma che ha ancora molta strada da fare perchè di difficile realizzazione, e infatti non ha ancora visto la luce.

Fonte
www.lastampa.it

Approfondimenti
www.igf-italia.it

mercoledì 22 ottobre 2008

L'Italia e il digital divide ...

È IL QUADRO di Italia spaccata in due quello che emerge da un rapporto appena pubblicato da Agcom (Autorità Garante delle Comunicazioni) e curato da Between, società di consulenza del settore ICT, per quanto riguarda la banda larga. Ed è un'Italia divisa sotto tanti aspetti, che insieme ci allontanano dal resto dell'Europa Unita e che minacciano lo sviluppo economico del Paese. Il problema principale, che emerge dai dati di Between, è che gli utenti banda larga italiani sono solo 10,7 milioni (a marzo 2008). Dato che ci pone tra gli ultimi posti in Europa, per diffusione della banda larga: ormai anche la Spagna e la Slovenia ci ha superati e il Portogallo è un soffio alle spalle.

Il problema è noto, ma il rapporto lo mette in una luce nuova: per due motivi. Primo, perché si vede come la scarsa diffusione è in realtà sintomo di problemi profondi del nostro Paese, punta dell'iceberg di un problema più grosso, che è appunto quello di un Paese diviso in due. Da una parte, coloro che abitano in città medio-grandi, dove c'è tutto: la concorrenza è evoluta, le offerte sono competitive, economiche e veloci; dall'altra, i piccoli comuni, dove la banda larga, se c'è, è un piatto monotono di offerte. Altra spaccatura: tra coloro che hanno il pc (i quali spesso hanno anche la banda larga) e coloro (la maggior parte) che non ce l'hanno.

Secondo aspetto originale, nell'analisi di Between: in futuro potrebbe andare peggio, nel confronto con l'Europa, perché ci sono poche speranze che l'Italia possa fare grossi passi avanti in questi molteplici aspetti. "A meno che non ci sia uno sforzo corale del sistema" (scrive Between), cioè del governo e dei vari soggetti responsabili delle infrastrutture del paese.

In particolare, secondo Between, è la scarsa diffusione dei pc (49 per cento degli abitanti, fonte Eurostat) la causa principale dei ritardi sulla banda larga. Per diffusione della banda larga tra utenti di pc, infatti, l'Italia balza al quarto posto della classifica europea. Serve quindi aumentare l'alfabetizzazione degli italiani (come ribadito nei giorni scorsi anche da Franco Bernabe', amministratore delegato di Telecom Italia, a un convegno romano). Between assolve invece i prezzi della nostra banda larga: sono persino migliori rispetto alla media europea.

Nemmeno la scarsa diffusione dei pc sembra dipendere da motivi economici (da noi c'è una certa concorrenza sui prezzi), ma solo da fattori culturali e dal sistema scolastico. Bernabè ipotizza che molte cose cambierebbero se la Pubblica Amministrazione desse il buon esempio, adottando le nuove tecnologie per dialogare con il cittadino. L'informatica penetrerebbe così nelle vite quotidiane delle persone e crescerebbe la voglia e l'esigenza di dotarsi di un pc.

A causare i ritardi della banda larga c'è, in subordine, un altro fattore (stima Between): le infrastrutture. Sono distribuite in modo poco omogeneo nel Paese. Gli investimenti degli operatori alternativi a Telecom in infrastrutture (di "unbundling local loop") sono tutti concentrati su un 50 per cento della popolazione (nelle città più ricche), il che riduce la varietà e la convenienza delle offerte disponibili per metà degli italiani.

Forte divario anche tra città e campagna. L'Italia ha una copertura Adsl, in generale, nella media europea. molto sotto la media, invece, per copertura Adsl nelle campagne (peggio di noi solo Cipro e Malta). Quest'ultimo però è un dato di fine 2006 (non ce ne sono di più aggiornati), quindi forse adesso il confronto con l'Europa è migliorato, per lo sforzo recente di Telecom di portare Adsl a velocità limitata (a 640 Kbps) nelle zone più critiche.

Le speranze per il futuro sono però in generale poco rosee, riflette Between. Per diffusione del pc "difficilmente" si arriverà al 60 per cento nel 2010, quando molti altri Paesi europei saranno ormai all'80 per cento. Qui si confida nella diffusione dei pc portatili e soprattutto dei computer economici (ce ne sono da 299 euro), che in Italia si stanno vendendo molto bene nell'ultimo anno: un successo che ancora non viene calcolato nei dati Eurostat consultati da Between (relativi al 2006); già adesso la situazione potrebbe essere migliore di quella descritta.

Tuttavia, c'è un'altra brutta notizia, riporta Between: le nuove connessioni banda larga (a 50 e a 100 Mbps), in arrivo, nel medio periodo saranno solo nelle metropoli del Centro Nord, secondo i piani Telecom, il che renderà più profonda la spaccatura dell'Italia in due.

Tecnologie alternative all'Adsl possono alleviare i problemi: è dei giorni scorsi l'annuncio di Aria, che coprirà presto con il WiMax 100 comuni non raggiunti da Adsl.

Laddove però l'arretratezza delle connessioni è causata dall'assenza di fibra ottica nel sottosuolo, nessuna tecnologia può dare velocità elevate.
Allora davvero le speranze sono riposte nel sistema Paese: il sottosegretario allo Sviluppo Economico Paolo Romani ha annunciato ieri che partiranno entro fine anno i lavori della task force per dotare l'Italia di nuova generazione. Obiettivo, coprire con la banda larghissima (oltre 20 megabit) tutti gli italiani entro il 2013.

Il convegno di Between sulle tlc appena svoltosi a Capri, però, ha fatto emergere dai vari interventi che "adesso non ci sono risorse né pubbliche né private per creare una rete di nuova generazione in Italia", dice Cristoforo Morandini, vice presidente della società. È probabile quindi che nell'immediato i soggetti della task force (tra cui ci sono gli operatori, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane e altri) solo si impegneranno a trovare una via comune per la nuova rete. I fatti domani, quando ci saranno i soldi.

fonte
www.repubblica.it

L'Italia e il digital divide ...

È IL QUADRO di Italia spaccata in due quello che emerge da un rapporto appena pubblicato da Agcom (Autorità Garante delle Comunicazioni) e curato da Between, società di consulenza del settore ICT, per quanto riguarda la banda larga. Ed è un'Italia divisa sotto tanti aspetti, che insieme ci allontanano dal resto dell'Europa Unita e che minacciano lo sviluppo economico del Paese. Il problema principale, che emerge dai dati di Between, è che gli utenti banda larga italiani sono solo 10,7 milioni (a marzo 2008). Dato che ci pone tra gli ultimi posti in Europa, per diffusione della banda larga: ormai anche la Spagna e la Slovenia ci ha superati e il Portogallo è un soffio alle spalle.

Il problema è noto, ma il rapporto lo mette in una luce nuova: per due motivi. Primo, perché si vede come la scarsa diffusione è in realtà sintomo di problemi profondi del nostro Paese, punta dell'iceberg di un problema più grosso, che è appunto quello di un Paese diviso in due. Da una parte, coloro che abitano in città medio-grandi, dove c'è tutto: la concorrenza è evoluta, le offerte sono competitive, economiche e veloci; dall'altra, i piccoli comuni, dove la banda larga, se c'è, è un piatto monotono di offerte. Altra spaccatura: tra coloro che hanno il pc (i quali spesso hanno anche la banda larga) e coloro (la maggior parte) che non ce l'hanno.

Secondo aspetto originale, nell'analisi di Between: in futuro potrebbe andare peggio, nel confronto con l'Europa, perché ci sono poche speranze che l'Italia possa fare grossi passi avanti in questi molteplici aspetti. "A meno che non ci sia uno sforzo corale del sistema" (scrive Between), cioè del governo e dei vari soggetti responsabili delle infrastrutture del paese.

In particolare, secondo Between, è la scarsa diffusione dei pc (49 per cento degli abitanti, fonte Eurostat) la causa principale dei ritardi sulla banda larga. Per diffusione della banda larga tra utenti di pc, infatti, l'Italia balza al quarto posto della classifica europea. Serve quindi aumentare l'alfabetizzazione degli italiani (come ribadito nei giorni scorsi anche da Franco Bernabe', amministratore delegato di Telecom Italia, a un convegno romano). Between assolve invece i prezzi della nostra banda larga: sono persino migliori rispetto alla media europea.

Nemmeno la scarsa diffusione dei pc sembra dipendere da motivi economici (da noi c'è una certa concorrenza sui prezzi), ma solo da fattori culturali e dal sistema scolastico. Bernabè ipotizza che molte cose cambierebbero se la Pubblica Amministrazione desse il buon esempio, adottando le nuove tecnologie per dialogare con il cittadino. L'informatica penetrerebbe così nelle vite quotidiane delle persone e crescerebbe la voglia e l'esigenza di dotarsi di un pc.

A causare i ritardi della banda larga c'è, in subordine, un altro fattore (stima Between): le infrastrutture. Sono distribuite in modo poco omogeneo nel Paese. Gli investimenti degli operatori alternativi a Telecom in infrastrutture (di "unbundling local loop") sono tutti concentrati su un 50 per cento della popolazione (nelle città più ricche), il che riduce la varietà e la convenienza delle offerte disponibili per metà degli italiani.

Forte divario anche tra città e campagna. L'Italia ha una copertura Adsl, in generale, nella media europea. molto sotto la media, invece, per copertura Adsl nelle campagne (peggio di noi solo Cipro e Malta). Quest'ultimo però è un dato di fine 2006 (non ce ne sono di più aggiornati), quindi forse adesso il confronto con l'Europa è migliorato, per lo sforzo recente di Telecom di portare Adsl a velocità limitata (a 640 Kbps) nelle zone più critiche.

Le speranze per il futuro sono però in generale poco rosee, riflette Between. Per diffusione del pc "difficilmente" si arriverà al 60 per cento nel 2010, quando molti altri Paesi europei saranno ormai all'80 per cento. Qui si confida nella diffusione dei pc portatili e soprattutto dei computer economici (ce ne sono da 299 euro), che in Italia si stanno vendendo molto bene nell'ultimo anno: un successo che ancora non viene calcolato nei dati Eurostat consultati da Between (relativi al 2006); già adesso la situazione potrebbe essere migliore di quella descritta.

Tuttavia, c'è un'altra brutta notizia, riporta Between: le nuove connessioni banda larga (a 50 e a 100 Mbps), in arrivo, nel medio periodo saranno solo nelle metropoli del Centro Nord, secondo i piani Telecom, il che renderà più profonda la spaccatura dell'Italia in due.

Tecnologie alternative all'Adsl possono alleviare i problemi: è dei giorni scorsi l'annuncio di Aria, che coprirà presto con il WiMax 100 comuni non raggiunti da Adsl.

Laddove però l'arretratezza delle connessioni è causata dall'assenza di fibra ottica nel sottosuolo, nessuna tecnologia può dare velocità elevate.
Allora davvero le speranze sono riposte nel sistema Paese: il sottosegretario allo Sviluppo Economico Paolo Romani ha annunciato ieri che partiranno entro fine anno i lavori della task force per dotare l'Italia di nuova generazione. Obiettivo, coprire con la banda larghissima (oltre 20 megabit) tutti gli italiani entro il 2013.

Il convegno di Between sulle tlc appena svoltosi a Capri, però, ha fatto emergere dai vari interventi che "adesso non ci sono risorse né pubbliche né private per creare una rete di nuova generazione in Italia", dice Cristoforo Morandini, vice presidente della società. È probabile quindi che nell'immediato i soggetti della task force (tra cui ci sono gli operatori, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane e altri) solo si impegneranno a trovare una via comune per la nuova rete. I fatti domani, quando ci saranno i soldi.

www.repubblica.it

mercoledì 1 ottobre 2008

Pirati, leggi, discografici, tribunali e governi

No, non preoccupatevi, non vi intratterrò molto a lungo sull’argomento. Però mi piace sottolineare due notizie, arrivate alla fine della scorsa settimana, che la dicono lunga su come non ci sia ancora una strategia chiara da parte della discografia (e dei governi che cercano di appoggiarla) sulla “pirateria” via Internet. La prima notizia è che i legislatori europei hanno bocciato una proposta anti pirateria che includeva la possibilità che gli Isp potessero disconnettere gli utenti che praticano il peer to peer con file protettida copyright dopo tre avvertimenti. “La decisione è importante perchè viene chiarito che non si possono costringere gli Internet Provider a staccare il collegamento senza un regolare processo”, ha detto Christofer Fjellner, deputato centrista al parlamento europeo. In Francia, come sapete, la regola è in vigore, frutto di un accordo tra il governo, le major discografiche e cinematografiche e gli Isp. In Inghilterra, al contrario, gli Internet Provider si sono fieramente opposti, “perchè fino ad oggi non c’è regolamento o legger che consenta a noi di disconnettere gli abbonati per “copyright infringment”", ha detto Neil Berkett di Virgin Media. La scelta del parlamento europeo è importante, perchè si muove, per l’ennesima volta, cercando di non stravolgere le regole per accontentare gli “aventi diritto”. Del resto gli “aventi diritto”, cioè le major disco-cinematografiche, non ne fanno mai una dritta. Lo scorso anno la Recording Industry Association of America mise a segno la sua prima vittoria in tribunale per “copyright infringment”, costringengo Jammie Thomas a pagare 220.000 dollari di danni per aver scaricato “illegalmente” 24 canzoni. Jammie Thomas aveva reso disponibili le canzoni sul network p2p di Kazaa.Giovedì scorso il giudice Michael Davis ha ribaltato il verdetto affermando che le parti hanno commesso un “manifesto errore legale” durante il processo. Davis ha detto che ha sbagliato nel dire alla giuria che avrebbe potuto trovare colpevole Thomas, perchè, contrariamente a quanto aveva affermato l’industria discografica, non c’era nessuna prova che ci fosse stata una “distribuzione” sul network del materiale protetto da copyright. Thomas merita quindi un nuovo processo. La Riaa deve decidere, quindi, se affrontare nuovamente il processo o chiudere un accordo extragiudiziale, come ha già fatto in centinaia di altri casi. per ora il caso Thomas era l’unico arrivato al dibattimento in tribunale. La domanda è “era sufficiente per la Riaa dimostrare che Thomas aveva reso disponibile il materiale sul network di Kazaa o la Riaa doveva anche dimostrare che qualcuno aveva davvero scaricato quei brani da quel computer?. Il giudice oggi dice che c’è bisogno di questa prova e che quella fornita dalla Riaa, che si era collegata al computer di Thomas e aveva scaricato le canzoni, non è una prova accettabile, “perchè chi detiene i diritti non infrange la legge del copyright scaricando le proprie canzoni”. Ovviamente non c’è alcuna possibilità di portare una simile prova in tribunale, perchè Kazaa come tutti gli altri attuali networlk p2p non hanno una direcotry centrale dei file condivisi.
Il giudice, oltretutto, pur non perdonando la Thomas, ha detto che non c’era nessuna prova che ci fosse scopo di lucro e che la signora Thomas è una singola madre, non una “multimedia corporation”.

Insomma: è piuttosto difficile che tutta questa materia si risolva nel modo in cui vogliono l’industria discografica (che ha già inanellato una dozzina di anni di errori arrivando spesso a fare oggi in prima persona quello che considerava illegale se fatto dai consumatori una decina di anni fa) e l’industria cinematografica (che avrebbe dovuto imparare dagli errori dei discografici, non commettendoli nuovamente). Mentre è quasi certo che, non sappiamo tra quanto tempo, arriveremo alle sole soluzioni possibili: rendere legale il file sharing, mettendo una “tassa” compensativa per le aziende e i copyright owners pagabile quando si stipula un contratto con un Internet Provider, o dividere i proventi della pubblicità tra Isp e “content owners”.

Il file sharing “per se” non è un reato. Avere dei file sul proprio computer e collegare il proprio computer ad un network p2p non è un reato. Quindi entrambe le cose non possono essere vietate. Come fare dunque a mandare in prigione, o far pagare salatissime multe, agli “illegal downloaders”. Forse invece di continuare ad opporsi a un sistema che i consumatori sembrano gradire assai, sarebbe bene provare a trovare un sistema per cui tutti siano contenti e felici, gli “aventi diritto” e gli scaricatori. Un mondo ideale.

Ernesto Assante
www.repubblica.it