Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


giovedì 24 gennaio 2008

La privacy su Google? Per la Rete i pesci siamo noi

Intervista a Peter Fleischer, responsabile globale.

A sentirlo parlare vien voglia di lasciarsi cullare come Mowgli nelle spire di Ka, il serpente del Libro della Giungla. «F-fidatevi di noi. Dovete f-fidarvi. Noi s-siamo b-buoni». Lunedì pomeriggio era a Bruxelles, convocato dalla Commissione europea, anche in vista della «giornata della protezione dei dati personali» il 28 gennaio; oggi lo abbiamo incontrato a Milano. Peter Fleischer, responsabile globale per la privacy di Google, il motore di ricerca su Internet n.1 al mondo, per rassicurarci ci ha incontrato nella sede italiana di questa multinazionale, in cui traspare lo stile da eterna start-up californiana (loculi colorati con mountain bike regalata a ogni dipendente, pareti trasparenti, grande cucina comune) nonostante macini miliardi per ogni nostro clic sul Web. Maglioncino azzurro e sguardo candido, Fleischer è laureato ad Harvard, vive a Parigi, ed è stato responsabile della privacy della Microsoft: un altro colosso informatico che, quando si tratta di posizioni dominanti e di trattamento dei dati personali, fa venire la pelle d’oca. Non è che non ci si voglia fidare, nella classifica mondiale di Fortune siete anche l’azienda più amata al mondo: ma ammetterà che da quando vi siete impadroniti delle nostre ricerche su Internet sapete tutto di noi, mentre noi sappiamo ben poco di quanto siano al sicuro con voi le nostre informazioni. «Ormai nell’immaginario collettivo noi siamo sinonimo di Internet, e nell’era della comunicazione digitale e globale la condivisione di dati personali è molto più facile e diffusa. Quindi è giusto preoccuparsi ed è giusto che noi rispondiamo alle domande». Allora saprà che dire: «Fidatevi» fa l’effetto contrario. «Credo che ai nostri utenti sia evidente che la quantità di dati personali che gestiamo sono tantissimi, e che l’utilizzo di queste informazioni si basa sul rapporto fiduciario tra le persone e Google, rapporto fino ad oggi ottimo a giudicare dalla nostra popolarità». Non sempre: per poter fare affari in Cina avete dovuto scendere a compromessi sulla censura. «L’alternativa era non offrire alcun servizio di ricerca su Internet ai cinesi. Ma la libertà di espressione varia da Paese a Paese: in Germania i siti naziskin sono fuori legge. E noi ci siamo rifiutati di cedere i dati dei nostri utenti al governo americano che ce li aveva chiesti in un’inchiesta sulla pedo-pornografia. L’importante è la trasparenza sulla ritenzione dei dati e garantire agli utenti la possibilità di scegliere». Scegliere che cosa? «A quanta riservatezza rinunciare in cambio di servizi utili gratuiti. Per esempio, siamo in grado di mirare e personalizzare gli spot che piazziamo nella Gmail, la nostra posta elettronica gratis che offre tanto spazio di memoria sul Web, tarandoli sui gusti di ciascuno». Già, la pubblicità mirata: sicuramente dà meno fastidio di quella che non interessa e rende di più. Come funziona? «Abbiamo macchine intelligenti che setacciano e interpretano i messaggi per parole chiave. Lo stesso facciamo tenendo traccia della navigazione sui siti: se lei naviga su siti di viaggi, è meglio piazzarle spot turistici che di automobili. E se cerca “football” da un indirizzo britannico, è probabile che cerchi qualcosa legato al calcio e non al football americano». Ma macchine così intelligenti ricordano la fantascienza e fanno paura: come fate a garantire la trasparenza? «Abbiamo pubblicato un decalogo di condotta: per esempio tratteniamo i dati solo per 18 mesi e poi li anonimizziamo». Perchè non è possibile non memorizzare i dati? «Per migliorare la qualità dei risultati di ricerca e la sicurezza dei nostri sistemi». Privacy International vi mette all’indice nel suo rapporto di giugno 2007. «Da allora hanno cambiato opinione: perchè nel frattempo noi abbiamo migliorato la nostra politica a riguardo. Abbiamo pubblicato tutto quello che c’è da sapere, gli utenti possono disabilitare o sospendere certe funzioni che tengono traccia. E ognuno può essere libero e consapevole di consegnarci le informazioni sulla sua vita oppure no». Può: ma è difficile compiere questo genere di scelta per i comuni mortali, poco addomesticati agli strumenti digitali: il paradosso è che solo i cyber-criminali, più preoccupati della loro privacy perchè hanno qualcosa da nascondere, siano abbastanza sofisticati da sapersi difendere dalla vostra invadenza. A scapito della nostra sicurezza. «E’ vero, c’è ancora tanta ignoranza su come funziona Internet. Serve uno sforzo collettivo per dare gli strumenti di difesa ai cittadini. Sulla nostra piattaforma YouTube abbiamo pubblicato video dimostrativi alla portata di tutti. Fidatevi, noi siamo buoni».

da www.lastampa.it

lunedì 21 gennaio 2008

Ateismo o trascendenza?

Seganlo un importante seminario di studi organizzato dalle cattedre di Filosofia del diritto e Filosofia politica della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università "La Sapienza" sul tema
"Ateismo o trascendenza alla base della societas ordinata ?
con il Prof. Paolo MICCOLI della Pontificia Università Urbaniana.

Mercoledì 23 gennaio 2008 – Ore 17,30
Sala Lauree