LO STUDIO - Un team di ricercatori ha effettuato infatti alcuni test su un gruppo di giovani, verificando sul campo come la memoria e la capacità di apprendimento si siano adattate a Internet. In un primo test sono state fatti a 46 studenti della Harvard University una serie di quesiti su argomenti sparsi, riscontrando che quanto più le domande erano attinenti a termini legati a Internet (come Google, Yahoo, ecc), quanto più i ragazzi si dimostravano lenti e inefficaci nelle risposte, mentre alla vista di parole estranee alla Rete (come nike o target) si registrava nelle risposte maggior prontezza. Nel secondo e nel terzo esperimento gli studiosi hanno sottoposto ai volontari alcuni quiz sui quali sarebbero stati poi interrogati per verificare le informazioni ricordate. Nel corso dell’esperimento i ragazzi avevano il permesso di prendere appunti su un pc (offline), ma a un gruppo è stato detto che gli appunti sarebbero stati salvati, mentre all’altro gruppo è stato sottolineato che le note sarebbero state cancellate. Come prevedibile i due gruppi hanno reagito in modo differente e il gruppo sicuro del salvataggio ha automaticamente dimenticato maggiori informazioni, forte del sostegno del computer. Mentre gli altri, facendo di necessità virtù e aguzzando l’ingegno, hanno trattenuto una maggiore quantità di dati.
NUOVI PARADIGMI - Secondo la ricerca, pubblicata su Science, il web ha rivoluzionato anche il modo in cui la nostra mente organizza e archivia i ricordi e a forza di rivolgerci ai motori di ricerca ci stiamo abituando anche a memorizzare le informazioni utilizzando nuovi paradigmi. Dunque non solo il cyberspazio sta mandando in pensione la memoria, ma sta anche sovvertendo l’ordine delle informazioni in fatto di importanza. E così del film Casablanca, anziché ricordare il regista (Michael Curtiz) è probabile che rimarrà impresso il nome del sito consultato per saperne di più. Inutile dire che sarebbe più importante ricordare Curtiz, ma tutto è relativo. In un mondo che ragiona per parole chiave e in cui il lavoro di archiviazione che dovrebbe fare il nostro cervello viene svolto da Google e colleghi, è forse più utile tenere a mente il modo in cui ritrovare un’informazione dell’informazione in sé. Michael Curtiz in fin dei conti è «solo» l’autore di uno dei film che ha fatto la storia del cinema. Ma a cosa serve ricordarlo? Google lo sa benissimo.
Emanuela Di PasquaCorriere della Sera
16 luglio 2011