Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


domenica 27 aprile 2008

La rete fra democrazia e populismo

Posto questo articolo che tocca uno dei temi centrali del mio corso.

La libertà è partecipazione, è il ritornello di una vecchia canzone di Giorgio Gaber. In quest’era digitale, ci si casca volentieri nella retorica tecno-entusiastica di Beppe Grillo sulla grande libertà di informazione e possibilità di partecipazione democratica resa possibile da Internet. O meglio dal «Web 2.0», termine di moda per definire quella rete sociale globale che celebra il trionfo dei «dilettanti» e dà l’illusione ai singoli cittadini di contare allo stesso livello dei governi e delle multinazionali, almeno online. Ma attenzione, avvertono gli studiosi del fenomeno, a non confondere le straordinarie potenzialità del mezzo con una conquista di e-democrazia, tutt’altro che raggiunta. Anzi: sempre più un miraggio.«Il fenomeno Grillo in Italia» è una forma di «cyberpopulismo», democrazia plebiscitaria elettronica che trova in Internet uno strumento non meno adeguato della vecchia tivù, sostiene Carlo Formenti, autore di Cybersoviet (sottotitolo «Utopie postdemocratiche e nuovi media»). Secondo Formenti la retorica del Web 2.0 sta alimentando illusioni sulle prospettive della democrazia digitale. Grillo attribuisce ai nuovi media elettronici un ruolo rivoluzionario puntando sulla «postdemocrazia come utopia»: dove le decisioni non vengono prese a colpi di maggioranze o minoranze, ma all’unanimità, attraverso il convincimento reciproco e l’attribuzione di leadership nei confronti di chi si conquista la fiducia del gruppo. Ma attenzione: da una parte i blogger in vetrina riducono la sfera pubblica a sommatoria di conversazioni private e indeboliscono la capacità di influire sul sistema politico e mediatico. Dall’altra non ci sono garanzie di trasparenza, che deve essere «asimmetrica»: controllo dei governi che devono operare in una «casa di vetro», ma tutela per il diritto alla privacy dei cittadini. I cybersoviet sono le comunità virtuali create dal popolo della rete. E di conseguenza la democratizzazione del Web 2.0 non prelude a una presa del potere dai parte dei produttori/consumatori, bensì «all'espropriazione capitalistica dell'intelligenza collettiva generata dalla cooperazione spontanea e gratuita di milioni di donne e uomini».La tecnologia «dà l'illusione di aprire le porte alla libertà, ma poi spesso ci si ritrova in stanze vuote chiuse a chiave» avverte Stefano Rodotà, ex Garante per la privacy. Un esempio? The Economist cita la falsa e-democrazia di un indirizzo Internet diponibile per comunicare con un premier, che in realtà collega i cittadini solo a un computer: in cambio di questa promessa di accesso, subiamo la volontà di controllo di governi e aziende. «Il potere politico ed economico sa oggi infinitamente più cose sui cittadini di quante essi non ne sappiano sui potenti».Dal Web 2.0 emergono nuove disuguaglianze, smentendo il mito di una nuova «giustizia distributiva»: il cosiddetto «digital divide» non si riferisce solo a chi ha e chi non ha accesso a Internet, ma alla stratificazione sociale che si crea fra differenti categorie di utenza: l’élite rispetto alla massa. «E’ ora di decostruire l’inganno del Web 2.0», sintetizza il teorico dei media australiano-olandese Geert Lovink, nella raccolta di interventi dal titolo «Web 2.0: Internet è cambiato. E voi?») di Vito di Bari. «Invece di celebrare i “dilettanti”, dobbiamo sviluppare una cultura di Internet che aiuti i “dilettanti” (in maggioranza giovani) a diventare “professionisti”». Perché Beppe Grillo riempie le piazze, ma sono sempre troppo poche le voci che chiedono ai governi di adottare e applicare regole chiare e condivise per l’e-democrazia.

www.lastampa.it/masera

sabato 19 aprile 2008

Sciopero virtuale, effetti reali

NON è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti": Charles Darwin docet. E per stare al passo con i tempi anche il sindacato moderno prova a mettere in pratica la lezione del padre dell'evoluzionismo. Perché nell'era di Internet e dell'innovazione tecnologica le forme classiche di protesta da sole non bastano. Lo sciopero tradizionale, pur restando lo strumento di lotta per eccellenza, spesso non risolve la vertenza né conquista titoli sui giornali. Ed economicamente è proprio ai lavoratori che procura il danno maggiore, mentre l'azienda risparmia. Quello solidale - in cui si continua a lavorare e i soldi vanno in beneficenza - stenta ad avere visibilità. Come pure la protesta virtuale, in cui l'azienda destina il guadagno della giornata a un fondo per pubblicizzare i motivi del conflitto. All'Ibm Italia scioperi, raccolte di firme e petizioni non avevano, infatti, avuto successo. La trattativa per la firma del contratto integrativo durava dal 2004. E nel 2007 l'azienda aveva tagliato il premio di risultato: circa mille euro in meno nella busta paga dei cinquemila lavoratori nazionali. Che a quel punto hanno provato a giocare ad armi pari: invece di scendere in piazza di persona hanno mandato avanti il loro alter ego cibernetico. O meglio l'avatar, per dirla con il linguaggio di Second life, dove il 27 settembre scorso si sono dati appuntamento per la prima protesta sindacale virtuale, nel senso di tecnologica: duemila persone collegate per 12 ore a un computer da più di 30 Paesi per rivendicare diritti reali con cartelli, slogan e striscioni in quella che è la vita parallela di oltre 10 milioni di utenti registrati. E in cui anche il colosso informatico ha investito milioni di euro per aprire reparti, centri d'affari e servizi d'assistenza. Delle 30 isole che Big Blue (come viene chiamata l'Ibm negli Stati Uniti) ha creato nel mondo virtuale, sette sono state occupate dai manifestanti, che hanno poi bloccato il business center per qualche ora e interrotto una riunione online tra manager.
Nell'era del telelavoro che guarda a un futuro senza uffici, il telesciopero, oltre a clamore e solidarietà internazionali, ha portato esiti concreti. Farsi sentire nel metaverso, dove la controparte ha impiegato soldi ed energie, ha favorito, infatti, la riapertura delle trattative, che nella vita reale si erano interrotte da mesi. I dipendenti hanno riavuto il premio di risultato, oltre ad agevolazioni sanitarie più vantaggiose. Sciopero virtuale sì, ma dagli effetti reali, quindi. Non ultimo l'aver contribuito - venti giorni dopo - alle dimissioni dell'amministratore delegato di Ibm Italia, Andrea Pontremoli. I sindacati infiltrati nella seconda vita fanno sul serio almeno quanto nella prima. "È stato un successo perché colpire l'immagine e la reputazione dell'azienda nel suo punto di forza fa più paura", spiega Davide Barillari, membro del coordinamento nazionale dell'Rsu Ibm di Vimercate, che rappresenta buona parte di Big Blue in Italia. "Negli ultimi anni gli iscritti erano calati, si faticava a coinvolgere i lavoratori. Bisognava trovare un nuovo strumento per combattere la scarsa partecipazione sindacale: con Internet e Second life ci siamo riusciti". È nato così in Ibm il Sindacato 2.0 che, grazie alle evoluzioni della Rete (3D, web 2.0 e social networking), mette in contatto i colleghi sparsi nel mondo ricalcando un modello di azienda globale. Di questo esperimento se ne sono accorti anche oltralpe: il NetXplorateur Forum che, con il sostegno del Senato francese, premia i modi più innovativi di utilizzare la Rete, il 14 febbraio scorso ha inserito lo sciopero virtuale di Ibm tra le dieci migliori iniziative al mondo. Motivazione: "L'originalità e la versatilità nel portare online duemila avatar con intenzioni più che reali: migliorare la propria situazione lavorativa e raggiungere un accordo sindacale". Che il ricorso alla tecnologia produca il massimo danno all'azienda e la minima perdita per i lavoratori lo sostiene anche Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom. Che, però, si mostra scettico sul futuro di queste forme di lotta. "Non si deve scambiare l'avanzamento tecnologico del mondo del lavoro con il rinnovamento sindacale. Non credo che queste forme possano sostituire quelle tradizionali", spiega il leader della Rete 28 aprile nella Cgil, "ma le completano, certo, perché accendono i riflettori in un momento in cui lo sciopero classico fatica ad avere visibilità. Non sono, però, risolutive: giocano sull'effetto sorpresa, ma la seconda volta non avrebbero la stessa efficacia". La tecnologia sta però cambiando di fatto la conflittualità sociale. Lo dimostra il moltiplicarsi di blog aperti dai lavoratori per aggregare malcontento e darsi appuntamento, attirare l'attenzione delle aziende guadagnandosi allo stesso tempo il sostegno dell'opinione pubblica. In Italia c'è, per esempio, il diario web creato tre anni fa dai dipendenti Feltrinelli e Ricordi in occasione della vertenza per il rinnovo del contratto integrativo. Dal nome provocatorio, Effelunga: "Perché il nostro ruolo non si riduca a spingere carrelli in un supermercato di libri e dischi", si spiega in un post. "Questo blog è il nostro mestiere come vorremmo che fosse".
In Francia molti lavoratori hanno fatto lo stesso. Alla Fnac hanno raccolto consensi su Blogofnac per protestare contro i licenziamenti per esubero di personale. Alla catena francese La Redoute, per restare aggiornati sull'eventuale chiusura di filiali, hanno creato un diario virtuale con tanto di gioco di parole, "On redoute La Redoute" (temiamo La Redoute). E poi ancora "Amen en grève" (Amen, azienda informatica, in sciopero) e "Sfr (società di servizi) en colère". Blog arrabbiati in cui si protesta senza scioperare nella vita reale, salvando stipendio e non penalizzando i cittadini. Cambia la forma ma non la sostanza. "Prima l'attivista girava tra i reparti, al massimo usava il telefono", spiega Lorenzo Bordogna, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all'università Statale di Milano. "Oggi viene meno il contatto fisico: i blog rappresentano l'evoluzione della comunicazione nella lotta sindacale. Se meccanismo e fini sono quelli tradizionali, la novità è il mezzo". Come nuova è la forma di protesta a "intermittenza" diffusasi in Francia negli ultimi mesi: non più azioni collettive e prolungate ma iniziative corte e individuali, che non implicano l'astensione totale dal lavoro per un'intera giornata. Sfuggendo così alle statistiche del ministero del Lavoro che parlano sì di un calo dei giorni di sciopero dalla fine degli anni Novanta, ma anche di un aumento delle aziende colpite da conflitti lavorativi. Due mesi fa alla Toray plastics è andata così: scioperi brevi a ogni cambio di turno per ottenere un premio di produzione. E alla fine l'hanno avuta vinta loro. Alla pari di chi ha trasferito il conflitto nella vita virtuale per rivendicare diritti di cui godere, tutto sommato, nella realtà.

di Ilaria Carra
www.repubblica.it

venerdì 11 aprile 2008

Dall'Homo technologicus al Mobilis nomade

L'Homo technologicus si evolverà in mobilis nomade, un uomo che con il suo apparecchietto, che ora immaginiamo come un Blackberry o un iPhone, si sposterà di luogo in luogo avendo con sé tutto quel che gli serve per mantenere i legami sociali e il lavoro. Il settimanale britannico The Economist dedica nel numero uscito l'11 aprile un inserto speciale per fare il punto su dove ci stanno portando le nuove tecnologie e la conclusione è proprio questa: a circa 10mila anni dalla trasformazione dei cacciatori-raccoglitori in agricoltori, si perderà la sedentarietà, si tornerà a non identificare in un solo punto gli elementi basilari per la sussistenza. Le intuizioni dei teorici. L'idea non è nuova: di wi-nomads e di techno-bedouins aveva già teorizzato il maggiore studioso di media e comunicazione, Herbert Marshall McLuhan, negli anni '70. Nella sua interpretazione degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società, sia sul singolo, McLuhan aveva già immaginato nomadi che si spostavano da una parte all'altra a grande velocità, trovando le strutture indispensabili alla sopravvivenza in ogni luogo. E Digital Nomad è il titolo del libro di Tsugio Makimoto e David Manners, del 1995, in cui si esplorano tutte le possibilità che si aprono nel mondo del lavoro con le nuove tecnologie. Realtà oltre la fantasia. Quanto è accaduto nel corso di 10 anni o poco più, tuttavia, supera di gran lunga la realtà. Nel dossier dell'Economist si sottolinea che non sono tanto le tecnologie intese come apparecchi, gli hardware, a cambiare la realtà, quanto il fatto di essere perennemente connessi. È il luogo in cui la connessione è possibile, gratuita, facile, che attira i nuovi nomadi, come un'oasi attira i beduini del deserto. Proprio come i beduini, scrive Andreas Kluth sul settimanale britannico, non portano l'acqua con sé ma si spostano da un luogo all'altro dove sanno di poterla trovare, così i nomadi di oggi non portano con sé carta per scrivere e a volte neanche il computer. Bastano un Blackberry o un iPhone. Se serve una tastiera e una stampante la troveranno con facilità, e non importa se ci si sposti per un lungo viaggio o nell'ambito del quartiere: l'importante è che ovunque ci sia la possibilità di connettersi alla rete.
Come ci cambia la comunicazione wireless. Lavoro, luoghi e relazioni sociali: sono questi gli aspetti della nostra vita che saranno più influenzati dal nuovo nomadismo. Ci sono gioie e dolori per ogni aspetto toccato dalle tecnologie. Prendiamo il lavoro: all'inizio si pensava che il telelavoro potesse essere una panacea per molte categorie svantaggiate, prime fra tutte le donne alle prese con i figli. In realtà lavorare ovunque significa anche lavorare in qualunque momento, non avere orari in cui si stacca davvero. Ma il lavoro mobile ha anche altri aspetti e l'esempio più illuminante è quello del movimento di opinione progressista statunitense MoveOn.org. Nato attraverso scambio di opinioni in rete è diventato presto un movimento organizzato con una struttura fissa di coordinatori. I fondatori hanno però deciso di non far nascere una sede, per la paura che un movimento spontaneo diventasse un centro di potere e così è rimasto un gruppo di persone collegate solo da una connessione online. Il nomadismo del wireless cambia i luoghi. In molte società si sono già ridotte le scrivanie, perché i dipendenti stanno sempre meno al loro posto e chi progetta gli spazi riflette su questo aspetto quando li progetta. L'esempio più lampante dei nuovi luoghi sono i vecchi caffè o bar: insieme alla qualità di cibo e bevande, la connessione fa la differenza. E non è necessario andare negli Stati Uniti per notare l'avvento del wi-fi nei luoghi: in Italia ci sono interi paesi connessi e nelle città i parchi o i campus universitari offrono wi-fi spot. Non ultime sono le relazioni sociali ad essere modellate sulla connessione perenne. Molti rapporti affettivi sono fatti di messaggini telefonici e conversazioni chat, un modo di comunicare che non riguarda più solo gli adolescenti. Proprio in questi giorni una ricerca statunitense ha stabilito che negli ultimi due anni l'uso degli sms è cresciuto del 130 per cento tra persone nella fascia di età dai 45 ai 54 anni, contro il 41 per cento negli adolescenti tra 13 e 17 anni. I sociologi però avvertono: si consolidano i legami familiari, con nonni, genitori e figli sempre più bravi nel tenere i rapporti via Internet, ma cresce l'indifferenza verso l'estraneo reale. Un nickname della chat a volte è più interessante e riceve più affetto di una persona in carne e ossa che incontriamo sulle scale di casa. Il trillo che ci segue ovunque. Nei giorni scorsi è stata annunciato il via libera alle conversazioni con cellulari sugli aerei. Continental Airlines, American Airlines e JetBlue stanno pensando a qualcosa di più, l'introduzione del Wi-Fi sui loro aerei. Connessi ovunque, anche a migliaia di chilometri di altezza, pronti a essere testimoni di tutto. L'inchiesta dell'Economist si chiude proprio con la considerazione che i nuovi nomadi sono anche "nomadic monitor", testimoni perenni di tutto quel che accade intorno a loro e può essere filmato, trasmesso, documentato. Ancora gioie e dolori: nel mondo dei nomadi Wi-Fi, avverte infine il dossier, si rischia di perdere parte della nostra natura umana. C'è sempre dell'allarmismo di fronte alla novità, l'importante, è la conclusione dell'Economist, è sapere qual è il pulsante dell'accensione ma avere altrettanto chiaro qual è quello per spegnere tutto.

di Cristina Nadotti
http://www.repubblica.it/

sabato 5 aprile 2008

Reale e virtuale

Matrix potrebbe essere più vicino di quello che crediamo. Il mondo virtuale descritto nella saga cinematografica dei fratelli Wachowsky, in cui un computer riesce a ricreare una realtà talmente perfetta da ingannare l'uomo, è distante solo pochi anni. Lo afferma un ricercatore dell'americano Brookhaven National Laboratory al sito dell'autorevole settimanale New Scientist. E' da secoli che visionari di tutti i tipi cercano di calcolare quanto è lontana la nascita della vera A.I., ovvero l'intelligenza artificiale. Nel 1950 Alan Turing, il padre della moderna scienza dei computer, ha proposto l'ultima prova: un umano si impegna in un dialogo con una macchina e un altro umano dovrebbe distinguere l'uno dall'altro. Una variante è il "Test di Turing grafica", nel quale un giudice umano è incapace di distinguere il mondo reale da quello generato dal computer. "Per noi interazione significa poter controllare un oggetto, la sua rotazione, per esempio, in tempo reale - dice McGuigan -. Già oggi i computer possono produrre scene artificiali capaci di ingannare l'occhio, ma per replicare i movimenti servono ore, mentre il realismo richiede almeno 30 frames al secondo". Il ricercatore ha quindi deciso di testare la capacità di uno dei più potenti supercomputer, il Blue Gene/L al Brookhaven National Laboratory di New York, per tentare di generare un mondo artificiale. Blue Gene/L ha una capacità di 103mila miliardi di operazioni al secondo, un normale computer ne ha solo dieci.
In particolare McGuigan ha analizzato la capacità del supercomputer di far interagire la luce con gli oggetti, un elemento importante di qualsiasi mondo virtuale con ambizioni di imitare la realtà. Utilizzando un software 'ray-tracing' non ottimizzato per il supercomputer, McGuigan ha verificato che Blue Gene/L esegue la simulazione ad una velocità 822 volte superiore di un normale computer, "ma - ha chiarito - con un programma ad hoc si potrebbero ottenere risultati migliori". Comunque la velocità per ottenere immagini ad alta risoluzione è ancora inferiore a quella necessaria per passare il test di Turing Grafica. Ma il supercomputer in grado di passare il test può essere ad un solo anno di distanza, sottolinea McGuigan. "Non si può mai sapere con certezza fino a quando non si è in grado di farlo", aggiunge. Secondo il ricercatore, la riproduzione della realtà è ottima, ma ancora non sufficientemente veloce: "Dai dati che ho ottenuto sarà possibile ottenere una riproduzione perfetta con una velocità di un milione di miliardi di operazioni al secondo - spiega McCuigan - un risultato che dovrebbe essere raggiunto in pochi anni". Gia, ma quanti? Per tentare di fare un calcolo, si potrebbe ricorrere alla cosiddetta "legge di Moore", basata su una osservazione empirica di uno dei guru della scienza dei computer, quel Gordon Moore che nel 1968 fondò Intel (oggi prima produttrice mondiale di microprocessori). Nel 1965, Moore, spiegò che tra il 1959 e il 1965, il numero di transistor che formano un chip raddoppiava ogni anno. La teoria è poi stata rielaborata e riformulata alla fine degli anni Ottanta nella sua forma definitiva: le prestazione dei processori raddoppiano ogni 18 mesi. Questa teoria da molti viene presa come un enunciato che non tiene conti di fattori legati al mercato, ma in linea di principio sembra tenere. Dunque per passare dai 103mila miliardi di operazioni al secondo di un moderno supercomputer ad un milione di miliardi di operazioni al secondo, ci separerebbero appena quattro anni. Un tempo teorico che potrebbe anche ridursi. Una curiosità: negli Usa è da poco terminata la serie ispirata ad un'altra famosa saga cinematografica, Terminator. The Sarah Connor Chronicles, racconta di come le macchine prenderanno il sopravvento sull'umanità per conto di un supercomputer di nome Skynet. Un evento che si verificherebbe nel 2011.

tratto da www.repubblica.it

venerdì 4 aprile 2008

Innovazione ed elezioni

Elezioni 2008: quali promesse per l'innovazione? - Il parere di Manlio Cammarata

Le elezioni politiche sono alle porte. I partiti hanno presentato i loro programmi: non solo elenchi di cose che promettono di fare, ma - in controluce - anche una sintesi della loro visione della società italiana nel contesto globale e globalizzato. Un contesto che da più di dieci anni si chiama "società dell'informazione".Siamo andati a cercare nei proclami delle due principali formazioni politiche le voci che riguardano, appunto, l'innovazione tecnologica e l'informazione. Questi sono i risultati, che lasciamo alla valutazione dei lettori.
Popolo della libertà
- Completamento del processo di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni e diffusione della larga banda su tutto il territorio nazionale;
- Regole europee nel settore dei media: pluralismo e concorrenza, valorizzazione delle produzioni europee, completamento del passaggio alla tecnologia digitale.
- Riorganizzazione e digitalizzazione della P.A.
- Sviluppo del piano di riorganizzazione e di digitalizzazione della pubblica amministrazione avviato durante il Governo Berlusconi per raggiungere i seguenti obiettivi: considerevoli risparmi nel costo dello Stato, accesso dei cittadini agli uffici pubblici per via telematica, maggiore trasparenza e certezza delle procedure;
- Passaggio dall'archiviazione cartacea a quella digitale.
Partito democratico
- Compiuta informatizzazione delle Pubbliche Amministrazioni e unificazione degli uffici periferici dello Stato centrale in ognuno dei capoluoghi di Provincia
- Le reti senza fili a larga banda (WI-FI, WIMAX) consentono un'infinita possibilità di controllo del territorio. Nel più assoluto rispetto del diritto alla riservatezza, si possono aiutare i cittadini più esposti alla paura
- Realizzare rapidamente il processo telematico, strettamente legato all'Ufficio per il processo, eliminando gli infiniti iter cartacei che assorbono risorse preziose per la loro gestione e archiviazione.
- Il "diritto" alla larga banda L'effettiva possibilità di accesso alla rete a larga banda deve diventare un diritto riconosciuto a tutti i cittadini e a tutte le imprese, su tutto il territorio nazionale - dalla grande città alla montagna, in ogni Comune d'Italia - esattamente come avviene per il servizio idrico o per l'energia elettrica. Nelle grandi città, in particolare, è possibile e necessario realizzare reti senza fili a larga banda (WI-FI, WIMAX, etc. per creare un ambiente disponibile alla gestione di nuovi servizi collettivi.
- I progetti devono essere presentati agli enti locali ed anche alla cittadinanza, rendendoli disponibili su web.
- È indispensabile una forte iniezione di innovazione nel sistema. Ad esempio, con la telemedicina: un grande programma di diffusione di tecnologie, in grado di far dialogare il cittadino con le strutture e con i professionisti, per quanto possibile, da casa, facendo muovere le informazioni invece dei pazienti. Si devono far dialogare i professionisti per raggiungere efficacia ed efficienza nelle prestazioni fornite, valorizzando la medicina di base come serio e reale filtro verso le prestazioni ospedaliere.
- Dalla formazione di piccole orchestre e cori, all'alfabetizzazione tecnologica della cittadinanza e per l'accesso ai nuovi servizi di e-government, creando anche le condizioni di scambio tra le diverse generazioni (ad esempio, impegnando i ragazzi ad educare i nonni all'uso di internet). Cento di questi "campus" dovranno essere pronti per il 2010.
- Divieto - a far data dal 1° gennaio 2009 - per le Pubbliche Amministrazioni di richiedere ai cittadini ed alle imprese documenti e certificati compilati e/o emessi dalle stesse P.A. in senso lato. Obbligo, per le amministrazioni dello Stato di mettere on line i documenti ed i certificati che potrebbero essere richiesti da altre amministrazioni. Commissariamento per le amministrazioni che non lo avessero fatto entro la data prevista.
- L'Italia deve poter entrare nell'era della TV digitale con più libertà, più concorrenza, più qualità.1. Il superamento del duopolio è oggi reso possibile dall'aumento di capacità trasmissiva garantito dalla TV digitale. Per andare oltre il duopolio occorre correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche, accrescendo così il grado di pluralismo e di libertà del sistema.2. Negli anni che ci separano dal passaggio al digitale (2012) ricondurremo il regime di assegnazione delle frequenze ai principi della normativa europea e della giurisprudenza della Corte costituzionale. I criteri di proporzionalità, non discriminazione, trasparenza e apertura a nuovi entranti che sono stati adottati per la transizione in Sardegna saranno alla base della transizione nazionale, nel rispetto delle direttive europee, delle sentenze della Corte Costituzionale e delle norme antitrust.
Tutto qui? Tutto qui. Chi ne avesse voglia potrebbe confrontare i programmi di oggi con quelli del 2001, quando il tema era quasi una novità e la proposta di un "ministro per l'innovazione" suscitava discussioni (vedi Elezioni 2001, navigando tra i siti della politica, Non si vota per la new economy e, a elezioni concluse, Dai programmi elettorali della Casa delle libertà.Sulle scarne e insufficienti proposte di oggi si potrebbero fare amare considerazioni. Citiamo solo due passaggi (uno per parte, par condicio...):
- Il Popolo della libertà propone il passaggio dall'archiviazione cartacea a quella digitale, ignorando evidentemente che il passaggio è già in corso da tempo, ci sono le norme e gli strumenti, ora è solo una questione di" tempi tecnici".
- Il Partito democratico propone il divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere ai cittadini ed alle imprese documenti e certificati compilati e/o emessi dalle stesse P.A. in senso lato. Obbligo, per le amministrazioni dello Stato di mettere on line i documenti ed i certificati che potrebbero essere richiesti da altre amministrazioni. Si tratta di norme presenti nel nostro ordinamento dal lontano 1968, ribadite dal testo unico sulla documentazione amministrativa del 2000.
I problema è un altro: applicare le norme che ci sono e correggerle nei punti che si rivelano inadeguati. Ma, evidentemente, è una questione che non porta voti. O almeno così si ritiene.