Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


sabato 24 ottobre 2009

La Francia stacca la spina ai pirati e indica la strada su Internet

La Francia vuole essere all’avan­guardia nella battaglia contro la pirateria intellettuale. E ieri questa volon­tà ha fatto un sensibile passo in avanti. La Corte Costituzionale d’Oltralpe ha da­to il via libera alla legge che si propone di proteggere la produzione intellettuale an­che su Internet. Si tratta di una seconda versione delle norme suggerite dalla Ha­dopi ( Haute autorité pour la diffusion des oeuvres et la protection des droits sur Internet ), la commissione da cui pren­de il nome la legge. Le nuo­ve regole stabiliscono pe­nali che possono essere an­che molto pesanti per chi scarica illegalmente conte­nuti dalla rete.

Non è la prima volta nel­la storia che la Francia si pone come Paese che sen­za timidezze vuole imporre principi che poi si rivelano universali. La rete che si è sviluppata grazie al binomio libertà e gra­tuità mal sopporterà quella che viene vi­sta come un’autentica invasione di cam­po. Ma come la Polis fisica, affinché po­tesse continuare a esistere, doveva conta­re su regole, allo stesso modo nel mondo digitale si dovrà avviare un analogo pro­cesso. Non si sta mettendo in discussio­ne la libertà e il gratuito della rete, quan­to la necessità di confini. E questo anche per un malinteso senso del gratuito. Anche la strategia del free teorizzata da Chris Anderson nel suo ultimo libro è una strategia commerciale, vale a dire che il gratis è uno dei mezzi per poter arrivare a «vendere» prodotti. Tanto più nel caso di prodotti dell’intelletto. Con un problema in più, non tutti sono in grado di at­tuare una difesa o una stra­tegia che valorizzi la pro­pria produzione.

Certo, i francesi non sono andati leggeri: hanno previsto pe­nali pesanti per la pirate­ria via web. Sanzioni di due tipi: la prima prevede la disconnessione da Inter­net per un anno dopo il terzo avviso inviato a chi scarica illegal­mente contenuti, la seconda prevede ad­dirittura l’arresto. E allora si potrà an­che discutere la forza e la misura delle regole. Ma è evidente che non sarà possi­bile rinviare ulteriormente la necessità della loro esistenza.

Daniele Manca (www.corriere.it)
24 ottobre 2009

mercoledì 7 ottobre 2009

'Navigatori' spiati per 7 anni registrate le visite a ogni sito

La privacy? Dice un dirigente dell'autorità garante: "Chiunque tra il 2001 e l'inizio del 2008 abbia usato la rete internet deve sapere che tre tra i maggiori fornitori di accesso del paese (Telecom Italia, Vodafone e H3g) tre compagnie di telecomunicazione, hanno registrato tutto il traffico di quegli anni. Non tutti lo facevano con la stessa profondità, e lo abbiamo specificato nei nostri provvedimenti del 17 gennaio 2008. Non è nemmeno detto che lo abbiano fatto in modo continuo dal primo all'ultimo giorno. Però quella raccolta di dati avveniva e il pretesto era che bisognava tenersi pronti per rispondere alle richieste dell'autorità giudiziaria. Il punto è che raccogliere i dati personali in quel modo e con quella rozzezza espone gli stessi investigatori ad errori e valutazioni sbagliate".

Insomma, cari utenti di internet di quegli anni, siete avvertiti: da qualche parte esisteva (e "dovrebbe" non esistere più) un complesso sistema di grossi hard disk sui quali c'erano gli indirizzi (URL) di tutte le nostre pagine internet visitate. "Tutte, ma proprio tutte". Più le password che immettevate per entrare nella vostra mail, i codici di accesso alla banca (se il sistema non era protetto) e anche sì, la password di quel sito un po' scollacciato che ogni tanto allieta una vostra serata un po' uggiosa. Per non parlare di chat e messaggi posta. Tutto era "captivato" e tutto era leggibile.

Ora, dal gennaio del 2008 non lo è più (e sì che resistenze da parte di magistratura e apparati di polizia, perché si continuasse con la rete a strascico, ce ne sono state). Non solo: in Italia è stato anche adottato il sistema dello "Ip univoco" che rappresenta un passo avanti in materia - in Inghilterra, dopo gli attentati del 2005, è successo qualcosa di simile e su scala più ampia.

Domanda: ma quelle informazioni sono poi state davvero distrutte? Questo non lo sa nessuno, ma il funzionario dice che non ha motivo di ritenere che non lo siano state. E il problema della traccia e della completa tracciabilità elettronica delle nostre vite resta, ma non è detto che sia irrisolvibile.

L'ingegner Cosimo Comella è il dirigente dell'Autorità per la protezione dei dati personali che ha detto queste ed altre cose al seminario organizzato a Roma dal "Pasion", un progetto sulla protezione dei dati finanziato dall'Unione europea proprio nella sede dell'Autorità, con la presenza sia dell'attuale (Francesco Pizzetti) che del primo presidente (Stefano Rodotà). Comella ragiona che il pubblico e i media si indignano o si allarmano per questioni anche superficiali: "Non mi spiego perché il nostro provvedimento del 2008 che mise fine a quella situazione fu sostanzialmente ignorato dai giornali". Ma qui si apre un capitolo assai grosso: la sensibilità di ognuno di noi al tema "protezione dei dati", non privacy, come prega di dire il presidente Pizzetti.

Perché siamo forse un paese rassegnato: non solo al traffico, all'evasione fiscale e all'esistenza della mafia. Ma anche all'idea che contro la violazione delle nostre vite non si può fare niente. Risulta da un'indagine di opinione mostrata al workshop. Così guardiamo con rassegnazione al fatto che le aziende, ormai in modo dichiarato, facciano indagini attraverso Google sulle persone che presentano una domanda di assunzione. Lo fanno, non è un mistero. "E' ormai diventato quasi inutile avere un curriculum" dice il garante Pizzetti, "Quella è solo la nostra versione della nostra vita, poi sarà messa al vaglio di motori e social netwiork".

Noi italiani siamo rassegnati all'idea che internet sia intercettata e studiata in un modo che ci indignerebbe per qualsiasi altro mezzo. Eppure succede ben altro che l'intercettazione malandrina. E accettiamo in modo supino che la politica pensi e legiferi alla rete senza rendersi conto di cosa sta maneggiando. Pizzetti e Rodotà si esprimono in modo diverso, ma le loro analisi portano esattamente a questo punto: che governi e parlamenti ricorrono a controlli e censure sempre più approfonditi e indiscriminati perché di fatto non conoscono l'oggetto di cui parlano.

Si può far qualcosa per impedire che un datore di lavoro ci studi su Google e scopra che dieci anni fa, dopo una festa di laurea, ci siamo fatti uno spinello? Non si può fare molto. E se la misura - sostiene Rodotà - è solo l'autocensura, ne deriva un danno devastante della libertà personale e di espressione. Perché se sappiamo di essere spiati cambiano anche i nostri pensieri".

Invece si può fare molto perché la nostra posta non sia spiata, perché le nostre "pagine viste" non siano spiate da chi non deve, perché il nostro comportamento non diventi solo e soltanto il grano che viene macinato nei mulini del "marketing comportamentale" sul quale vengono investiti milioni di dollari ed euro ogni anno.

Si può fare qualcosa e una delle risposte è nel lavoro dei crittografi. La crittografia è una branca della matematica coltivata da pochi, che viene chiamata in causa solo quando si parla di cose militari. Ma che potrebbe - è l'argomento di Giuseppe Bianchi, matematico e crittografo all'università Roma 2, che lavora in vari progetti Ue - trovare soluzioni concrete ed efficaci: possiamo avere uno "pseudonimo" registrato, che permetta di "mostrare al vigile la patente senza dire il proprio nome". Si può pensare a messaggi di posta che dopo un certo periodo si autodistruggano scomparendo dalla disponibilità di spioni e ficcanaso. Si può pensare a sistemi che controllino chi scarica abusivamente contenuti coperti da copyright senza frugare nell'attività online della persona. Serve una politica avvertita e colta. E un'opinione pubblica che non dica: "Non c'è niente da fare".

Vittorio Zambardino

www.repubblica.it

giovedì 1 ottobre 2009

Icann si apre al mondo

L’Icann, l’organismo americano che si occupa della gestione di Internet e dei suoi domini, si sgancia dalle autorità americane e diventa più indipendente.

Creato nel 1998 in California, l’Icann (Internet corporation for assigned names and numbers) ha funzionato fino a oggi sulla base di un accordo con le autorità americane per la telecomunicazioni e l’informatica, dipendente dal dipartimento del Commercio Usa: l’intesa però scade oggi, e proprio per questo le due parti si sono accordate su un nuovo testo, chiamato «dichiarazione di impegno», con cui accorda un peso maggiore al comitato di supervisione governativa internazionale, di cui gli Usa fanno parte assieme alle altre autorità.

La Commissione europea ha accolto con favore la decisione americana di rendere la governance di Internet più indipendente, più democratica e più internazionale. Viviane Reding, responsabile per i Media e la Società dell’informazione, si è detta soddisfatta del fatto che l'organismo incaricato della gestione dei domini Internet, diventerà più aperto e sarà costretto a rendere conto delle sue decisioni ai miliardi di internauti del mondo intero.

Bruxelles aveva chiesto a più riprese, dal 2005, che la governance delle risorse essenziali e mondiali di Internet venisse riformata, in modo da garantire la libertà di espressione e la continuità delle operazioni online.

«Accolgo con favore la decisione delle autorità americane di far evolvere il funzionamento dell’Icann al fine di adattare il suo ruolo, essenziale in materia di governance di Internet, alle realtà del ventunesimo secolo e di una rete sempre più mondiale», ha spiegato Reding, aggiungendo: «Gli utilizzatori di Internet del mondo intero possono aspettarsi che le decisioni dell’Icann sui nomi dei domini e sugli indirizzi internet siano più indipendenti e tengano conto dell’interesse di tutti».

Reding ha garantito che la Commissione Ue ha la «ferma volontà di portare a termine la riforma collaborando con le autorità nazionali, le imprese e la società civile», ha aggiunto il
commissario, garantendo che «la Commissione seguirà ugualmente da vicino l’effetto dei lavori dell’Icann sulla concorrenza».

Oltre a decidere quali nomi aggiungere alla lista dei domini più importanti come .com, .net e .org, gestisce il sistema degli indirizzi web (dns) che assicura la connessione e la navigazione dei pc.

fonte

www.lastampa.it