Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


venerdì 11 aprile 2008

Dall'Homo technologicus al Mobilis nomade

L'Homo technologicus si evolverà in mobilis nomade, un uomo che con il suo apparecchietto, che ora immaginiamo come un Blackberry o un iPhone, si sposterà di luogo in luogo avendo con sé tutto quel che gli serve per mantenere i legami sociali e il lavoro. Il settimanale britannico The Economist dedica nel numero uscito l'11 aprile un inserto speciale per fare il punto su dove ci stanno portando le nuove tecnologie e la conclusione è proprio questa: a circa 10mila anni dalla trasformazione dei cacciatori-raccoglitori in agricoltori, si perderà la sedentarietà, si tornerà a non identificare in un solo punto gli elementi basilari per la sussistenza. Le intuizioni dei teorici. L'idea non è nuova: di wi-nomads e di techno-bedouins aveva già teorizzato il maggiore studioso di media e comunicazione, Herbert Marshall McLuhan, negli anni '70. Nella sua interpretazione degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società, sia sul singolo, McLuhan aveva già immaginato nomadi che si spostavano da una parte all'altra a grande velocità, trovando le strutture indispensabili alla sopravvivenza in ogni luogo. E Digital Nomad è il titolo del libro di Tsugio Makimoto e David Manners, del 1995, in cui si esplorano tutte le possibilità che si aprono nel mondo del lavoro con le nuove tecnologie. Realtà oltre la fantasia. Quanto è accaduto nel corso di 10 anni o poco più, tuttavia, supera di gran lunga la realtà. Nel dossier dell'Economist si sottolinea che non sono tanto le tecnologie intese come apparecchi, gli hardware, a cambiare la realtà, quanto il fatto di essere perennemente connessi. È il luogo in cui la connessione è possibile, gratuita, facile, che attira i nuovi nomadi, come un'oasi attira i beduini del deserto. Proprio come i beduini, scrive Andreas Kluth sul settimanale britannico, non portano l'acqua con sé ma si spostano da un luogo all'altro dove sanno di poterla trovare, così i nomadi di oggi non portano con sé carta per scrivere e a volte neanche il computer. Bastano un Blackberry o un iPhone. Se serve una tastiera e una stampante la troveranno con facilità, e non importa se ci si sposti per un lungo viaggio o nell'ambito del quartiere: l'importante è che ovunque ci sia la possibilità di connettersi alla rete.
Come ci cambia la comunicazione wireless. Lavoro, luoghi e relazioni sociali: sono questi gli aspetti della nostra vita che saranno più influenzati dal nuovo nomadismo. Ci sono gioie e dolori per ogni aspetto toccato dalle tecnologie. Prendiamo il lavoro: all'inizio si pensava che il telelavoro potesse essere una panacea per molte categorie svantaggiate, prime fra tutte le donne alle prese con i figli. In realtà lavorare ovunque significa anche lavorare in qualunque momento, non avere orari in cui si stacca davvero. Ma il lavoro mobile ha anche altri aspetti e l'esempio più illuminante è quello del movimento di opinione progressista statunitense MoveOn.org. Nato attraverso scambio di opinioni in rete è diventato presto un movimento organizzato con una struttura fissa di coordinatori. I fondatori hanno però deciso di non far nascere una sede, per la paura che un movimento spontaneo diventasse un centro di potere e così è rimasto un gruppo di persone collegate solo da una connessione online. Il nomadismo del wireless cambia i luoghi. In molte società si sono già ridotte le scrivanie, perché i dipendenti stanno sempre meno al loro posto e chi progetta gli spazi riflette su questo aspetto quando li progetta. L'esempio più lampante dei nuovi luoghi sono i vecchi caffè o bar: insieme alla qualità di cibo e bevande, la connessione fa la differenza. E non è necessario andare negli Stati Uniti per notare l'avvento del wi-fi nei luoghi: in Italia ci sono interi paesi connessi e nelle città i parchi o i campus universitari offrono wi-fi spot. Non ultime sono le relazioni sociali ad essere modellate sulla connessione perenne. Molti rapporti affettivi sono fatti di messaggini telefonici e conversazioni chat, un modo di comunicare che non riguarda più solo gli adolescenti. Proprio in questi giorni una ricerca statunitense ha stabilito che negli ultimi due anni l'uso degli sms è cresciuto del 130 per cento tra persone nella fascia di età dai 45 ai 54 anni, contro il 41 per cento negli adolescenti tra 13 e 17 anni. I sociologi però avvertono: si consolidano i legami familiari, con nonni, genitori e figli sempre più bravi nel tenere i rapporti via Internet, ma cresce l'indifferenza verso l'estraneo reale. Un nickname della chat a volte è più interessante e riceve più affetto di una persona in carne e ossa che incontriamo sulle scale di casa. Il trillo che ci segue ovunque. Nei giorni scorsi è stata annunciato il via libera alle conversazioni con cellulari sugli aerei. Continental Airlines, American Airlines e JetBlue stanno pensando a qualcosa di più, l'introduzione del Wi-Fi sui loro aerei. Connessi ovunque, anche a migliaia di chilometri di altezza, pronti a essere testimoni di tutto. L'inchiesta dell'Economist si chiude proprio con la considerazione che i nuovi nomadi sono anche "nomadic monitor", testimoni perenni di tutto quel che accade intorno a loro e può essere filmato, trasmesso, documentato. Ancora gioie e dolori: nel mondo dei nomadi Wi-Fi, avverte infine il dossier, si rischia di perdere parte della nostra natura umana. C'è sempre dell'allarmismo di fronte alla novità, l'importante, è la conclusione dell'Economist, è sapere qual è il pulsante dell'accensione ma avere altrettanto chiaro qual è quello per spegnere tutto.

di Cristina Nadotti
http://www.repubblica.it/

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