Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


giovedì 6 maggio 2010

Il "popolo della Rete" è più aperto

Se le frammentazioni e le segregazioni ideologiche sono sempre più accentuate nel mondo reale, questo fenomeno non corrisponde affatto al mondo virtuale. Gli internauti sono “vagabondi ideologici”, molto più curiosi di quanto si pensi; alla ricerca costante del confronto d’idee, vogliono sapere cosa succede dall’altra parte dello steccato politico e non hanno timore di esplorare siti che contengono opinioni opposte. E Internet è ben lontano da essere chiuso e segregato come spesso si tende a far credere.

Non sono certa di essere d'accordo, ma a dirlo è un'interessante ricerca di Matthew Gentzkow e Jesse M. Shapiro, docenti della Chicago Booth School of Business*, che indaga su come il consumo d’informazioni su Internet è contraddistinto da una sorta di “segregazione ideologica” e mette a confronto i risultati con la segregazione dei media tradizionali e delle interazioni interpersonali.

Questo studio getta nuova luce sull'effetto “cassa di risonanza” secondo il quale le nostre convinzioni personali si rafforzano nell'udire o leggere idee simili. Se amiamo trovare conferma delle nostre idee preconcette, Internet, che permette di personalizzare la scelta dei media online e dunque di selezionare solo le storie che ci interessano, potrebbe isolarci dietro le nostre convinzioni e, alla fine, produrre una sorta di “polarizzazione” della società in gruppi distinti.

Nella pubblicazione "Segregazione ideologica online e offline" Gentzkow e Shapiro dimostrano il contrario. Secondo i due ricercatori, nulla prova in modo convincente che Internet accentuerebbe progressivamente la segregazione ideologica. Al contrario, lo studio dimostra che la segregazione ideologica degli internauti è inferiore a quella dei lettori dei giornali nazionali. Oltre a ciò, emerge che gli scambi su Internet sono ideologicamente molto più diversificati che altre forme di aggregazione tradizionali, come le discussioni sul luogo di lavoro, o in chiesa. E’ molto più probabile incontrare persone con idee opposte su Internet che passeggiando nel proprio quartiere.

Ma la scoperta più importante è che la maggior parte degli internauti visita regolarmente siti generalisti (o politicamente non orientati) come Yahoo News o Aol e visita anche quei siti che non rispecchiano necessariamente le loro ideologie. Anche quando passano ad altri siti, hanno l’abitudine di visitare quelli dove incontrano persone molto differenti da loro.

La ricerca Gentzkow e Shapiro, che riprende gli strumenti di analisi utilizzati per misurare la segregazione razziale negli Stati Uniti, si concentra innanzitutto sul comportamento degli individui su Internet. Partendo da un campione di giornali e siti web, i ricercatori hanno misurato la dimensione conservatrice di ogni giornale online, ossia, la proporzione di lettori che si dichiarano di tendenza “conservatrice”. In seguito, hanno dato un valore alla proporzione conservatrice media di ogni fonte d’informazione visitata. Per esempio: se il sito nytimes.com è l’unico giornale online consultato dal lettore, la sua esposizione è definita dalla dimensione conservatrice del sito stesso. Se invece il lettore consulta oltre al nytimes.com anche foxnews.com, la sua esposizione sarà pari alla media della dimensione conservatrice dei due siti.

di Anna Masera
www.lastampa.it

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