Questo blog vuole offrire uno spazio di approfondimento, discussione, riflessione, su molte delle problematiche affrontate durante il corso e per introdurne delle altre. Uno spazio didattico quindi ma non solo. Il titolo del blog richiama la necessità che internet sia un luogo-non luogo destinato a tutti, che tutti possano accedere alle rete, che tutti abbiano il diritto alla conoscenza e al sapere e a partecipare all'intelligenza collettiva che internet realizza. L'intervento giuridico deve essere ridotto al minino, la legge statale deve intervenire solo per prevenire e punire la commissione di reati. La vera regola che vige sulla rete è la capacità di autonomia, il senso di responsabilità, di educazione e di rispetto delle regole di netiquette.


giovedì 26 giugno 2008

La nostra ombra digitale

Non la vediamo e ancora non ci pesa sulle spalle, ma la nostra «ombra digitale» cresce a dismisura e forse dovremo cominciare a preoccuparci. L'ultimo numero di «Focus» lancia questa inquietante ipotesi sui dati digitali che ognuno di noi produce attivamente e passivamente ogni giorno. Quello dell'«ombra digitale», che si allunga sempre più al nostro passaggio, naturalmente, è un peso non esprimibile in termini di materia solida, ma potrebbe diventare faticosissimo da sopportare ugualmente. L'ombra in questione si alimenta dei dati digitali che vengono registrati su di noi quando telefoniamo, mandiamo una mail, compiamo una transazione economica. Non solo, ma ogni frammento di nostra vita reale che viene digitalizzato da una telecamera, telefonino, videocamera di sorveglianza è un ulteriore alimento per l'ombra, che cresce, cresce e diventa sempre meno controllabile con le nostre sole forze. In media, ogni essere umano deve sopportare 45 gigabyte di dati.
Ma in Occidente è anche peggio. Quando da noi nasce un bambino, solo i filmetti che si girano in famiglia appoggiano su quelle tenere spallucce di neonato i primi 250 gigabyte di «ombra digitale». La ricerca non ne fa cenno, ma per molti la storia inizia ancora prima con i video delle ecografie che girano tra amici, magari via You-Tube, per stabilire somiglianze e impronte genetiche.
Per dare una rappresentazione ai dati digitali prodotti ora nel mondo si immagini che riempirebbero 12 pile di libri alte quanto la distanza tra la Terra e il Sole, (o una pila di libri alta come due volte la lunghezza dell'orbita terrestre) e si prevede che a questi ritmi di crescita, per il 2011, la pila coprirà due volte la distanza tra il Sole e Plutone, una cosa come 6 miliardi di km.
Non esiste una Babele burocratica immaginabile dalla mente umana paragonabile al mostro impalpabile «universo digitale», miliardi di informazioni di cui la gran parte noi nemmeno si immagina di generare. Prendiamo un'azione banale come l'invio di un'email, che pesa 1 megabyte, se è priva di grossi allegati: è un peso digitale che sale immediatamente a 51 Megabyte, se è inviata a 4 persone. L'aumento immediato di «ombra digitale» è, infatti, provocato dalle copie che, automaticamente, fanno del documento inviato sia i singoli pc degli utenti sia i server che gestiscono la posta. A loro volta i destinatari, poi, quando scaricano l'allegato, creano altri duplicati. ingigantendo così le «ombre digitali» dei loro ignari utenti.
L'«ombra digitale», poi, non è detto che appesantisca unicamente la lecita aspirazione alla privatezza di ogni essere umano. Il suo impatto è reale anche nel mondo concreto: anche il consumo di energia cresce assieme al fantasma dei dati digitali. Mediamente un server rack, nel 2000, si limitava ad assorbire la potenza di 1 kW. Oggi ne consuma 10 e si lavora alla nuova generazione da 20 kW. Si stima che Google abbia un potere di fuoco di circa 450 mila server, macchine generatrici di «ombra digitale» che hanno bisogno di una potenza totale di 90 MW, equivalente a quella prodotta da una centrale termoelettrica.
Per paradosso la mole maggiore di questi dati, che poi formano l'«ombra digitale», è sempre meno gestita dall’individuo, ma dalle aziende: molte forniscono gratuitamente servizi allettanti come caselle di posta illimitate, spazi server per pubblicare e scambiare foto, filmati e meravigliosi gadget che ci tengono incollati come bambini alla stressa macchina che usiamo per lavorare. Sarebbe giusto che cominciassimo a renderci conto che questo gioco ci fa sentire smisurati nelle nostre relazioni, ma presto ci impedirà di operare ogni forma di controllo su ciascun byte della nostra vita che affidiamo alla Rete, ma che ci ritroviamo automaticamente dietro alla schiena trasformato in inquieto spettro digitale. E’ una parte della nostra vita privata, che abbiamo fatto serenamente trapassare nell'aldilà digitale, ma forse senza la piena consapevolezza che qualcuno potrebbe, in ogni istante, metterci il naso senza chiederci il permesso.

di Gianluca Nicoletti
www.lastampa.it

2 commenti:

fg ha detto...

Ogni giorno inviate 160 miliardi di e-mail di spamming pubblicitario
Un traffico spesso criminale che passa per poche, grandi centrali internazionali

“DIECI PERSONE TRA RUSSIA E CINA: ECCO I PADRONI MONDIALI DELLO SPAM”

Berlino - Centosessanta miliardi di e-mail di pubblicità spam inviate ogni giorno nel mondo, aziende criminali che si nascondono dietro falsi indirizzi e false ragioni sociali in Russia o in Estremo Oriente e vendono così online prodotti farmaceutici taroccati e spesso pericolosi, e che riescono a realizzare ciascuna un fatturato annuo di almeno 150 milioni di dollari. E quel che è peggio, una tecnologia che si aggiorna di continuo per disporre di virus, 'troiani' e altri sistemi nuovi per bucare ogni filtro e ogni difesa. Ecco il mondo della criminalità internettiana, raccontato da un dettagliato studio-reportage da Helmut Martin-Jung sulla pagina scientifica dell'autorevole quotidiano di Monaco Sueddeutsche Zeitung.

La realtà del crimine virtuale supera ormai l'immaginazione, e rende sempre più difficile combatterlo. Martin-Jung cita Patrick Peterson, un esperto americano di lotta anti-spam che per conto della Ironport, un'azienda Usa specializzata nello sviluppo di sistemi di sicurezza per la rete, ha studiato come funziona specialmente il commercio mondiale di confezioni di Viagra taroccate e false, o di altri medicinali.
Ha ordinato presso due fornitori rispondendo a messaggi spam. E ha ricevuto per posta dall'una una confezione che era un'imitazione perfetta del Viagra della Pfizer, ma le cui pasticche azzurre non contenevano assolutamente neanche un milligrammo del Sildenafil, la sostanza-chiave della medicina anti-impotenza. Dall'altro fornitore criminale ha ricevuto un sacchetto pieno di pasticche, sempre esternamente identiche alle dosi di Viagra originali, e le ha fatte analizzare: contenevano dosi ben superiori a quelle del vero Viagra, quindi prenderle sarebbe stato altamente pericoloso per il cuore e per la salute in generale.

I grandi boss dello spam criminale, calcola Peterson, sono da dieci a quindici persone. Fanno capo soprattutto ad aziende in Russia o in Cina. E una ventina di persone sono i big del commercio online internazionale di medicinali falsi. Il problema più minaccioso è che con virus, programmi software nascosti nelle e-mail, troiani e altri sistemi, i criminali riescono a infettare e a usare come dispatcher almeno centomila computer in circa 106 paesi. Computer i cui proprietari o utenti sono quasi sempre ignari di servire da veicolo.
Quando i controllori tecnici agli ordini dei big del crimine online, con i loro frequenti controlli, scoprono che uno dei computer-vittima infettati è stato ripulito dal virus o dotato di un software di difesa più efficiente, lo scartano dalla lista dei 'mittenti' e ne cercano un altro. Difficile anche scoprire l'identità di questi mostri online senza volto: gli indirizzi mittenti delle e-mail spam criminali cambiano ogni quindici minuti.

Dei 160 miliardi di e-mail spam pubblicitarie, solo una piccola parte riesce a bucare la rete dei filtri antispam di difesa. Ma è un bombardamento a tappeto calcolato per raggiungere comunque abbastanza clienti ingenui per far soldi al nero. Quelle e-mail spam che bucano i filtri sono abbastanza per raggiungere e gabbare i destinatari e far soldi vendendo merce taroccata, illegalmente, senza pagarci tasse sopra. Delle e-mail spam che passano i filtri, solo una ogni diecimila fino a una ogni centomila, a seconda degli umori del ricevente, viene cliccata e aperta. Per quanto riguarda lo spam di vendita di medicinali falsi, comunque un ricevente su quaranta poi compra online. Così le singole aziende produttrici o venditrici di falso Viagra o altre medicine-truffa realizzano comodamente, con un po'di giochi ipertecnologici alla tastiera, fatturati appunto sui 150 milioni di dollari annui, sui quli nessun fisco e nessuna tributaria ha o trova i mezzi di mettere le mani.
Peterson racconta un dettaglio agghiacciante: collegandosi ha lasciato infettare il suo computer, e dopo appena 34 ore aveva già ventiseimila 'amici', cioè riceventi dello spam che passava dal suo ordinatore. Secondo Valerie McGyven, consigliere della Casa Bianca per il mondo IT, i criminali dello spam ormai su scala mondiale realizzano un fatturato mondiale superiore a quello delle organizzazioni mafiose che producono e spacciano droga a livello globale. E in paesi come Russia o Cina ci sono sempre più tecnici altamente qualificati che passano dall'economia legale al mondo dello spam criminale, pur di guadagnare di più. Il loro nuovo obiettivo non è più solo saturare il mercato nei paesi ricchi, ma vendere sempre più anche nel Terzo mondo. Dove la conoscenza spesso cattiva e insufficiente dell'inglese, lingua mondiale anche online, rende più facili le truffe.

Due gravi problemi facilitano l'azione della mafia virtuale. Primo, i governi stentano a coordinarsi e a negoziare misure tecnologicamente efficaci contro lo spam. Le autorità russe e cinesi sono le meno cooperative. Secondo, le grandi aziende delle carte di credito si mostrano indifferenti al problema, nota Peterson, per loro non fa differenza quali affari siano realizzati con i pagamenti via carta online. E i mafiosi global player dello spam offrono e diffondono ormai per e-mail anche falsi siti di banche o società finanziarie, forniti persino di call center e servizi d'informazione per i clienti cui ci si può rivolgere per e-mail o per telefono. Così si finisce per cadere nella trappola e fornire loro ingenuamente i dati e i codidi segreti di conti bancari e carte di credito. E il gioco è fatto. Una nuova guerra economica, e insieme una nuova guerra fredda, infuriano su internet, e nessuna Nato, nessuna Onu, nessuna alleanza politico-militare internazionale esiste per difenderci. Attenti al portafoglio, naviganti della rete: il surfing online può essere più pericoloso che camminare soli di notte nel peggior quartiere malfamato del mondo.

Di Andrea Tarquini (“La Repubblica” – 17 luglio 2008)

fg ha detto...

Google, Yahoo! e Microsoft stendono un documento per i paesi non democratici
Verrà completato entro l'anno, quando Pechino 2008 sarà alle spalle

I GIGANTI DEL WEB CONTRO LA CENSURA
"CODICE DI CONDOTTA, DOPO I GIOCHI"

Preoccupato il Senato americano: "Pericolo per la privacy degli inviati alle Olimpiadi"

PECHINO - Google, Yahoo! e Microsoft, leader delle ricerche su internet, passano al contrattacco. I giganti del web stanno preparando un codice volontario di condotta per "proteggere e promuovere la libertà di
espressione e la privacy a livello globale" da applicarsi in quei Paesi dove vige un regime di censura. Purtroppo il documento non vedrà la luce prima di fine anno.

Il codice. L'iniziativa delle tre società, alle quali si aggiungono altre aziende più piccole ed alcuni gruppi per i diritti umani, parte dal gennaio del 2007. La sua attuale accelerazione è dovuta ad un'azione bipartisan del Senato americano. Il mese scorso il senatore democratico Richard Durbin e quello repubblicano Tom Coburn hanno scritto alle società chiedendo di finire il codice prima dell'apertura delle Olimpiadi, che inizieranno venerdì prossimo. I politici statunitensi sono preoccupati dall'idea che le grandi società della rete forniscano informazioni sui siti visitati dai giornalisti e dagli atleti giunti in Cina per i Giochi. Secondo il Wall Street Journal la risposta è arrivata oggi e nella loro lettera le società del web si dichiarano pronte a dare l'ufficialità al nuovo codice entro la fine dell'anno: i Giochi di Pechino restano quindi fuori dal codice.

I precedenti. Pochi giorni fa la censura cinese aveva fatto un passo avanti permettendo l'accesso ad alcuni siti bloccati come la versione cinese di Wikipedia e la pagina di Amnesty International. Un'apertura limitata però solo ai giornalisti. Negli anni scorsi le grandi società del web erano state pesantemente attaccate dai gruppi a tutela dei diritti umani, ed in particolare da Amnesty, per il loro supporto al regime di Pechino. Tutte le società hanno accettato di filtrare i risultati delle proprie ricerche alla luce dei diktat cinesi, con una percentuale vicina al 20% dei risultati oscurati: addirittura Yahoo! ha aiutato le autorità a rintracciare il giornalista dissidente Shi Tao, reo di aver diffuso sul web alcune direttive segrete del governo cinese.

Il mercato. Un danno di immagine notevole per alcune società come Google, che sul motto di "non essere cattivi" hanno fondato la loro fortuna. Eppure di fronte alla scelta tra il piegarsi al volere del regime o chiudere battenti, tutti i big della rete hanno preferito la prima ipotesi. Secondo gli ultimi dati in Cina adesso ci sono oltre 250 milioni di navigatori: troppi per essere esclusi dai piani di Microsoft, Yahoo! e "Big G". La speranza è che il codice di condotta in arrivo possa concedere anche agli internauti cinesi i diritti di quelli occidentali.

(“La Repubblica” – 5 agosto 2008)